La moglie di Faletti: «Ero più alta, se usavo i tacchi lui scherzava: “Mi hai messo la merenda in cartella?”»
Roberta Bellesini al Corsera: «Qunado si svegliò dopo l'inctus era attaccato alle macchine, che facevano il tipico bipbip. “Dove mi avete ricoverato, a Las Vegas?”»

Lg Misano Adriatico (Rimini) 05/09/2010 - gara motogp / foto Luca Gambuti/Image Sport nella foto: Giorgio Faletti
Il Corriere della Sera intervista Roberta Bellesini, 53 anni, architetta, è stata compagna e poi moglie del cabarettista-attore-cantante e scrittore Giorgio Faletti, scomparso il 4 luglio 2014, a 63 anni. Ha raccontato molto della loro storia personale e del loro primo incontro
«Avevo 15 anni, con gli amici ci si trovava sui motorini davanti al bar Cocchi di Asti. Sentimmo un rombo. E una Ferrari rossa si fermò a pochi metri. Scese Giorgio Faletti, accompagnato da una modella bellissima con le gambe lunghe otto metri».
Tipo film dei Vanzina.
«Pensai: “Però, che sborone”. Lo avevo riconosciuto, perché lo guardavo a Drive In».
Qualche dubbio lo aveva.
«Lui era un personaggio famoso, più grande di me di 20 anni. Mamma ne aveva uno meno di lui. Preoccupata, mi disse: “Fossi in te ci andrei con i piedi di piombo”. E così fu. Dopo qualche mese Giorgio mi chiese: “Che devo fare ancora per corteggiarti?”. In effetti si capiva che il suo interesse per me era serio, mi aveva pure portato a conoscere sua madre. Gli sfizi se li era già tolti. E ho capitolato».
Era 20 anni più giovane ma pure più alta di 9 centimetri. Come la prendeva?
«Gli piaceva, aveva avuto fidanzate modelle. Solo quando portavo i tacchi, magari per una serata, mi sfotteva così: “Mamma, mi hai messo la merenda nella cartella?”».
Poi l’incuts e i ricovero in ospedale
«Dopo 24 ore cominciarono a risvegliarlo. Non riusciva a parlare bene. “Spero di non diventare un ex attore”, farfugliò. Era attaccato alle macchine, che facevano il tipico bipbip. “Dove mi avete ricoverato, a Las Vegas?”».
Lo scoprì per caso.
«Soffriva di ernia del disco. Durante una risonanza di controllo, trovarono una metastasi: tumore al polmone».
Le cure a Los Angeles. «Con un medico russo, Giorgio si fidava, erano terapie avanzate. Non era arrabbiato con la vita. E nemmeno triste. Nonostante tutto è stato un bel periodo. Abbiamo vissuto a Venice, Santa Monica, Hollywood, cambiavamo casa ogni mese, lì non ti fanno affitti più lunghi. Tramite Roberta Manfredi abbiamo conosciuto tanti altri italiani. Quando Giorgio stava bene, uscivamo spesso. Due nostri amici, Dori e Charles, ci presentarono Leonard Nimoy, il dottor Spock di Star Trek, per noi un vero mito».
Il ritorno ad Asti.
«Le cure non stavano più funzionando. Rientrammo finché era in grado di viaggiare. Fino all’ultimo ha lavorato su una canzone».
Una sua frase che le torna spesso in mente.
«Sono una precisina. Ogni tanto esageravo a mettere i puntini sulle “i”. Lui mi prendeva in giro: “Non è statisticamente possibile che io abbia sempre torto e tu ragione”».











