Becker: «L’amicizia tra Sinner e Alcaraz è bizzarra, ai miei tempi non era così»
L'intervista al Guardian: "La nostra generazione era diversa. Non avevamo i social media. Avevamo qualità diverse"

Londra 13/07/2025 - finale Wimbledon foto Imago/Image Sport nella foto: Jannik Sinner-Carlos Alcaraz ONLY ITALY
“Ho sentito le urla e non sapevo cosa fossero. Stavano cercando di suicidarsi o di farsi del male? O non riuscivano a gestire la loro solitudine? O stavano solo facendo rumori folli perché avevano già perso la testa?“. Boris Becker fissava il buio nella prigione di Wandsworth, a un paio di chilometri in linea d’aria da Wimbledon, e aveva paura. “Non riesci a dormire perché è tutto vero – racconta in un’intervista al Guardian – In carcere la gente si suicida, si fa del male e impazzisce. È la dura realtà di quando non sei mai stato in prigione ed è quello che i tuoi avvocati non ti dicono prima, forse per non spaventarti. HMP Wandsworth è probabilmente una delle prigioni più dure del Regno Unito, quindi essere rinchiusi lì è stato un vero shock”.
Ora vive a Milano e dice che quella “tortura” gli è servita: “Col senno di poi, probabilmente è stato molto positivo per me restare fermo per così tanto tempo, e 231 giorni sono un periodo piuttosto lungo. Capire veramente cosa mi era successo prima, ricomporre la danza di ciò che era successo, è stato un sollievo. Ma non succede dall’oggi al domani. Bisogna assumersi la piena responsabilità e la vita in cella ti offre questa opportunità. Tre anni dopo, il motivo per cui sto bene è perché mi sono assunto la piena responsabilità del bene e del male che ho fatto. Ma chi dice che la vita in prigione sia facile mente. È una vera punizione”.
“Ero stoico senza saperlo quando giocavo a tennis. Vivevo il momento e non ho mai avuto problemi con la pressione in campo. Mi sentivo sempre a mio agio con me stesso quando giocavo a tennis. Ho usato alcuni dei metodi stoici quando ero un tennista. Semplicemente non lo sapevo”.
Ricorda di aver visto la finale di Wimbledon 2022, Djokovic contro Kyrgios, in cella. Dice che sembrava che la sua ala della prigione si fosse immersa nel tennis, con i prigionieri che bussavano alla porta delle loro celle ogni volta che Djokovic conquistava un altro punto importante. “Non avevo più paura. E quando Novak ha vinto e ha alzato le braccia, mi sono alzato e ho alzato le braccia anche io. Mentre lo facevo, il rumore l’ala si è intensificato di nuovo, più forte che mai. I colpi non cessarono per 10 minuti. Sui muri, sulle porte. Con le tazze, con le sedie. Ci avevo messo due settimane per fargli capire che quello era il mio uomo, e ora me ne rendevo conto. Avevano capito. Rimasi lì e piansi”.
Parlando del presente dominato da Sinner e Alcaraz, si stupisce della loro amicizia. Ai suoi tempi mica era così: “Beh, è un po’ bizzarro, ma sono modelli di riferimento ed è meraviglioso che abbiano questa alchimia dentro e fuori dal campo. La nostra generazione era diversa. Non avevamo i social media. Avevamo qualità diverse. Ma, in questo mondo difficile, apprezzo molto il comportamento di Jannik e Carlos. Parlo con loro, perché non si tirano indietro dalle conversazioni con noi ex campioni”.











