Alessandro Moggi: «Il Napoli mi disse che Bale non era adatto al nostro campionato»
A Tmw: «Conte è un grandissimo motivatore, probabilmente il migliore in Italia. Questo lo rende scomodo, ma anche estremamente efficace nei risultati»

Al Rayyan (Qatar) 21/11/2022 - Mondiali di calcio Qatar 2022 / Stati Uniti-Galles / foto Imago/Image Sport nella foto: esultanza gol Gareth Bale ONLY ITALY
Alessandro Moggi, figlio di Luciano e procuratore a capo della Gea World S.p.A., si è raccontato in una lunghissima intervista ai microfoni di Tmw. Durante l’intervista ha avuto modo di parlare anche del Napoli. Ecco le parole di Moggi
Le parole di Moggi
Qual è il trasferimento che non è riuscito a chiudere e che avrebbe voluto portare a termine?
«A un passo no, ma ci sono state molte operazioni sfumate riguardanti giocatori importanti che avevo proposto e che non sono stati considerati dalle squadre italiane. Ricordo che il Napoli mi disse che Bale non fosse adatto al nostro campionato, poi provai a portare in Italia Falcao ai tempi del River Plate e Lautaro Martínez quando era al Racing, ma un club di Serie A mi rispose che aveva già troppi attaccanti. Lo stesso discorso vale per Griezmann. Questo è il mercato: tenti operazioni che in quel momento vengono rifiutate, e anni dopo ci si pente perché emergono campioni straordinari.»
Cosa risponde a chi sostiene che i procuratori siano uno dei problemi del calcio?
«Rispondo che è totalmente falso. I procuratori sono una risorsa e ci sono perché è giusto che esistano come consulenti dei calciatori. Vengono utilizzati anche dai club per le intermediazioni e spesso aiutano le società a rinegoziare i contratti. Faccio l’esempio del Covid: siamo stati parte integrante di una fase in cui era necessario ridiscutere gli accordi dei giocatori o rinviare pagamenti che, in quel momento, non erano sostenibili. La categoria è necessaria e non rappresenta un male, anzi un bene.
Sento dire che i calciatori guadagnano troppo: anche questo è falso. È giusto che vengano retribuiti in base a ciò che producono, anche se forse si potrebbe ragionare su una diversa distribuzione dei salari in rapporto alle entrate dei club. Un giocatore può essere considerato come una piccola azienda di se stesso. Andrebbe ridiscussa l’intera visione del calciatore, non più come un semplice dipendente ma come un’impresa.»
Le sessioni di mercato sono troppo lunghe?
«Assolutamente sì, è un’altra distorsione. Io farei un mese d’estate e un mese d’inverno.»
Conte fa sempre più fatica nel secondo anno: qual è la sua idea?
«Penso che sia un grandissimo motivatore, probabilmente il migliore in Italia. Questo lo rende scomodo, ma anche estremamente efficace nei risultati. Il Napoli è in alto, ma non gioca il campionato da solo: ci sono anche gli avversari. È normale che non vinca con 20 punti di vantaggio e che attraversi momenti più complessi, anche per via di qualche infortunio da gestire. Non parlerei di stagione difficile, ma di fasi di un campionato competitivo contro rivali competitivi.»
È più complicato gestire un calciatore o un allenatore, oggi?
«Entrambi. La differenza principale, in linea generale, è l’età. Gli allenatori sono quasi sempre ex calciatori maturati, con criticità diverse rispetto a quando giocavano, mentre da tecnici hanno una visione più ampia.»
Quanto l’ha aiutata suo padre nella scelta di questa carriera?
«Tantissimo, naturalmente. Non è semplice entrare in questo mondo dal nulla: oggi è ancora più difficile rispetto a trent’anni fa, ma lo era anche allora. A lui devo tutto. Mi ha sempre consigliato di lavorare molto e di essere una persona onesta.»











