Ventura: «Che volessi far entrare De Rossi è la più grande fake news degli ultimi 50 anni»

A “Processo al 90”, l'ex Ct azzurro torna sull'episodio di Italia-Svezia nel 2017: «Nessuno chiese a De Rossi di entrare, si cercava di tener caldi i giocatori in caso di necessità. Questa è la conferma delle difficoltà nell’ambiente...»

Ventura

Db Torino 06/10/2017 - qualificazione Mondiali Russia 2018 / Italia-Macedonia / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Giampiero Ventura

In tema di spareggi Mondiali, ad anni di distanza, l’ex Ct azzurro Gian Piero Ventura ci ha tenuto controbattere a quella che ha definito “la più grande fake news della storia degli ultimi 50 anni nel calcio nazionale italiano”. L’episodio risale al 2017: Italia e Svezia si giocano il pass alla kermesse iridata nel turno decisivo degli spareggi. Le telecamere inquadrano De Rossi, che protesta e sembra dire che non doveva entrare lui bensì un attaccante (Insigne, ndr) per cercare il gol della qualificazione (“non dobbiamo pareggiare, dobbiamo vincere”). La partita finirà 0-0, Ventura verrà esonerato. Il resto è storia che tutti conosciamo.

Ventura chiarisce: «Nessuno voleva far entrare De Rossi»

«E’ la più grande fake news della storia degli ultimi 50 anni nel calcio nazionale italiano», ha esordito Ventura. «Nessuno voleva far entrare De Rossi, però credo che (la fake news, ndr) sia ancora in vita insieme a quella persona con cui sta parlando. Nessuno ha chiesto a De Rossi di entrare, era semplicemente il preparatore che a turno cercava di far alzare i giocatori per tenerli caldi in caso di necessità. Questa è la conferma delle difficoltà nell’ambiente, è una cosa inventata di sana pianta. Io non gli ho chiesto mai di entrare in quella partita», ha concluso.

L’Italia è contenta dei play off, abbiamo finalmente accettato il nostro status da Nazionale minore (Libero)

Libero oggi torna sul concetto espresso ieri dal Corriere dello Sport, ossia l’Italia ha fatto un bagno d’umiltà, ha preso atto della realtà, e adesso i play-off li festeggia. Siamo calcio onore e ne abbiamo preso atto.

Scrive Claudio Savelli:

L’obiettivo massimo (sì, massimo) è stato centrato, e questa è la notizia più importante. Ma il vero significato della vittoria dell’Italia contro Israele non risiede nei tre punti, né nella qualificazione ai playoff. Risiede nel modo, nel clima, nella finalmente matura accettazione del nostro status da squadra minore, da Nazionale che non può ambire a un pass diretto per i Mondiali. Per la prima volta, dopo due approcci fallimentari (eufemismo), arriviamo agli spareggi in modo diverso perché li guardiamo in modo diverso. Non li vivremo come una penitenza immeritata, come un’onta da subire con fastidio, ma come un passaggio obbligatorio. Se Gattuso riuscirà a trasferire l’idea che sono addirittura una conquista, saremo ancor più pronti, e di fantasmi ne vedremo meno. È una bella e necessaria presa di coscienza collettiva. 

Ma l’Italia non sia troppo prudente, poi diventa paura

E ancora:

Detto questo, se una critica di campo va mossa a questa serata, è forse per un eccesso di prudenza da parte di Gattuso.

È una questione di messaggi impliciti che il ct deve trasferire attraverso le scelte: trasformare la prudenza in paura è un attimo. E la paura è la peggiore avversaria possibile nei playoff. Durante il primo tempo si vedeva Gattuso sbracciare, richiamare tutti indietro alle prime avvisaglie di ripartenza avversaria, in preda a un’ansia quasi febbrile che rischia di avvolgere la squadra e di non farle bene nelle partite da dentro o fuori. Non si può pretendere che Donnarumma pari tutti i cattivi pensieri, anche perché potrebbe esserne pervaso pure lui. La squadra deve poter contare su poche ma chiare certezze che si possono costruire solo dando continuità ad alcune precise scelte. 

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