La regia televisiva sportiva deve essere spettacolare o informare il più possibile? È LA domanda da 70 anni
Un regista sportivo scrive al Napolista in risposta all'articolo sulle riprese Netflix del tennis. La ripresa spettacolare spesso è a discapito della completezza del prodotto

Caro Napolista, ho letto l’interessante articolo sulle riprese del tennis. Per mestiere ho fatto per quasi 40 anni il regista sportivo. È evidente che la ripresa dal basso permette di partecipare maggiormente all’evento, cosa che in alcuni sport è particolarmente affascinante. Si tratta però di una visione un po’ faticosa, perché non permette di cogliere bene l’andamento del gioco. C’è poi un ulteriore problema in una disciplina come il tennis. Visto che si abbassa il punto di vista, inevitabilmente viene sacrificata la metà campo opposta. E chi stabilisce quale dei due atleti debba essere sacrificato? Per convenzione direi quello che riceve, ma non è detto che, superati i due primi scambi, non prenda il comando del gioco. Inoltre è difficile apprezzare l’ace sul servizio. È fin troppo facile immaginare il problema citato in un incontro tra Sinner e Alcaraz, in cui i due atleti sostanzialmente si equivalgono.
Il mezzo televisivo, per offrire riprese, dalle più scarne alle più sofisticate, che informino bene il telespettatore e parlo delle immagini live, deve mostrare il più possibile, a discapito di una più accentuata spettacolarità. Per esempio e per citare due sport di squadra dall’elevato tasso di agonismo nei quali la fisicità è un fattore molto accattivante per chi guarda, parlo del basket e del rugby, la ripresa dal basso in diretta consentirebbe, nel primo caso, di apprezzare l’altezza e l’elevazione dei contendenti unite alla stazza fisica e, nel secondo, la forza e l’intensità delle azioni di gioco che sono le loro caratteristiche peculiari. Ma guardare tutte le fasi di gioco da tale prospettiva impedirebbe una comprensione dell’andamento della partita, con l’aggravante, nel caso del rugby, che il campo è molto grande e non si percepirebbe adeguatamente lo svolgimento del gioco.
Allo stesso modo si pensi a sport come lo sci di discesa, o al bob, o allo slittino, nei quali un elemento molto impressionante e determinante, la pendenza, viene quasi completamente sacrificato. Discorso analogo per il ciclismo sulle grandi salite. O si pensi alla difficile percezione della velocità dell’automobilismo e del motociclismo. È comunque un discorso che può essere fatto per ogni disciplina sportiva.
Tutto ciò per dire che deve essere operata una scelta che, nella maggioranza dei casi, cade sulla visione tradizionale, meno spettacolare, ma che sicuramente informa di più e rende più agevole la visione per coloro che vogliano soprattutto capire cosa succede, rimandando i momenti emozionali alle riproposizioni delle azioni da tutti i punti di vista desiderati.
Nel caso citato la scelta registica è andata in direzione inconsueta e certamente molto accattivante. Secondo il mio parere, del tutto opinabile, nel complesso si fa preferire la ripresa tradizionale, né arrivo a pensare che, modificandola, aumenterebbe il numero di spettatori. Senza naturalmente trascurare la ventilata possibilità della doppia ripresa con scelta dello spettatore, che però è possibile solo se l’emittente abbia un elevato numero di canali (per esempio Sky che lo ha già fatto, se ben ricordo, nelle corse di Formula 1). Non si tratta di essere sauditi o particolarmente abili o furbi in una materia che è nata settant’anni fa e che ha accumulato una notevole esperienza da parte degli europei, degli americani e ora in tutti gli eventi sportivi planetari per opera di grandissime società di produzione che spettacolarizzano al massimo il prodotto ma che rispettano quelle regole che sono state sempre seguite per il fatto che risultano ancora il miglior compromesso possibile tra informazione, divertimento e partecipatività per gli spettatori.
È comunque certamente materia di discussione.