KevinDeBruyne tutto insieme, non è un refuso. È un respiro lungo. Napoli ancora pirandelliano
Da Kevin a Vanja Milinković-Savić la strofa e il ritornello, il bridge è di Rasmus, due palloni toccati, due gol scolpiti come verità semplici

Ni Castel di Sangro 03/08/2025 - amichevole / Napoli-Brest / foto Nicola Ianuale/Image Sport nella foto: Kevin De Bruyne
KevinDeBruyne tutto insieme, non è un refuso. È un respiro lungo, da prendere d’un fiato, perché a spezzarlo rischi di perderti il senso: quello di un Napoli che finalmente si specchia e non si vergogna del riflesso. Dopo Milano, dopo le ombre e gli spifferi, lo zapping restituiva solo chiacchiere. Questa volta invece c’è la sostanza.
KevinDeBruyne ha regalato la prima vittoria in Europa ad un Napoli ancora imballato, pirandelliano, con le maschere da distribuire in campo secondo il disegno nuovo di Conte. Apparentemente il più penalizzato sembra McTominay, ma non è così: lui scava, copre, sposta equilibri invisibili. La luce sta altrove. Da Kevin dunque a Vanja Milinković-Savić la strofa e il ritornello, il bridge è di Rasmus, due palloni toccati, due gol scolpiti come verità semplici, da attaccante che non ha bisogno di spiegarsi.
Lo Sporting è indolente, stucchevole, più interessato a specchiarsi che a colpire. Palleggia, fa scena, ma non incide. La regia è affidata all’ex Lecce Hjulmand, che quando gli chiesero di Napoli rispose di quanto fosse «selvaggia rispetto a Lisbona». E quella selvaggia stasera lo ha inghiottito, insieme alla sua indolenza, sotto il vento di Fuorigrotta.
Inizio compassato, quasi soporifero, occhi pesanti e ritmo da allenamento finché la trappola degli azzurri non smaschera la melina portoghese. KevinDeBruyne, da romantico ed autentico dieci, prende in mano la palla quasi sulla sua area, regge un paio di spallate come fossero carezze, e poi spalanca la porta al danese: lancio perfetto, corsa libera, uno a zero. I fuoriclasse servono a questo. E noi ce l’abbiamo. Ce l’abbiamo davvero.
Ripresa aggressiva, quasi rabbiosa. Matteo perde lucidità e regala un rigore tanto ingenuo quanto evitabile: lo Sporting ringrazia e pareggia. Casualità, più che costruzione, ma in Europa basta un dettaglio per farsi punire. Conte non ci pensa due volte: cambia. E chi entra lo fa con la fame di chi vuole incidere, non solo partecipare.
Se fino a quel momento il Napoli sembrava il Partito Democratico italiano senza ala sinistra, con Lang in campo l’ampiezza si ristabilisce: da una parte si spinge, dall’altra si affonda. L’equilibrio torna a essere dinamismo. E da lì in poi si vola.
KevinDeBruyne ricama ancora, un assist che è più un atto d’amore che un passaggio: la mette nello spazio dove un attaccante vero rischierebbe anche gli occhi pur di arrivarci. Rasmus non ci pensa due volte: colpo secco, doppietta, partita ribaltata.
Al 94esimo quando i fantasmi del finale sembravano riaffacciarsi, Vanja Milinković-Savić compie il miracolo: riflesso felino su un colpo di testa che gridava già al gol. Una parata che vale tanto quanto un gol segnato, forse di più.
E poi c’è la panchina: quelli che entrano e mostrano appartenenza, identità, mentalità. Non seconde linee ma rinforzi veri, che spingono e credono, che tengono alta la pressione e il ritmo. È lì che si vede il Napoli di Conte: un collettivo che accetta il sacrificio e non abbassa mai la soglia della fame.
Finisce con il Maradona che canta e con un messaggio chiaro: il Napoli ha trovato non solo i suoi fuoriclasse, ma anche il gruppo che li sostiene.
KevinDeBruyne, l’isola che c’è!