Inchiesta Osimhen, la pistola sembra più ad acqua che fumante. Furono Milan e Inter a fondare il sistema plusvalenze

Nell'estate del 2002, per fare un esempio, ci fu lo spettacolare scambio alla pari tra Coco e Seedorf per 29 milioni. Un po' di cronistoria dell'operazione oggi contestata al Napoli

Osimhen

AC Milan's midfielder Clarence Seedorf of Netherlands (L) and Livorno's defender Francesco Coco fight for the ball during their Italian serie A football match at Armando Picchi stadium in Livorno, 21 December 2005. AFP PHOTO / CARLO BARONCINI (Photo by CARLO BARONCINI / AFP)

Inchiesta Osimhen, la pistola sembra più ad acqua che fumante. Furono Milan e Inter a fondare il sistema plusvalenze

“Così fan tutte” titolerebbe Lorenzo Da Ponte, librettista della famosa opera di Wolfgang Amadeus Mozart. Infatti, anche nel caso delle plusvalenze si parla di fedeltà, in particolare di fedeltà al vero, relativamente alle cifre iscritte nei bilanci delle squadre. Orbene, qual è il valore “vero” di un calciatore? Occorre prevedere cosa egli saprà fare in futuro: perciò, una risposta esatta non c’è, né può mai esserci.

Sfruttando furbescamente questa inevitabile incertezza, alcune società escogitarono un marchingegno per migliorare momentaneamente i propri conti, spostando in là i problemi: presero a scambiarsi giocatori a prezzi gonfiati, senza passaggio di denaro. In pratica, io ti vendo una matita a 10mila euro e tu mi vendi una gomma da cancellare alla stessa cifra: io avrò realizzato una enorme plusvalenza sulla matita, che va iscritta immediatamente a bilancio, e tu avrai fatto lo stesso con la gomma. L’unico problema è che io mi trovo con una gomma valutata in modo folle, il cui costo andrà ripartito per gli anni in cui la userò, e tu una matita valutata allo stesso modo folle: ma, appunto, è un problema futuro, perché intanto abbiamo messo a posto i conti di oggi.

Ci sono decine di esempi, ma possiamo identificare il primo di questa lunga serie, trasferendoci addirittura nello scorso millennio: stagione 1998-1999, c’erano ancora le lire, scambio tra Lazio e Milan di tal Iannuzzi con tal Crovari: prezzo stabilito di dieci miliardi.

Ma a rendere le plusvalenze un vero e proprio sistema furono Milan e Inter: si sa, a Milano le cose si fanno sempre in grande. E dunque, 1999-2000 scambio tra Di Sauro e Cordone, 2000-2001 tra Polizzano e Bonura, 2001-2002 tra Bogani e Ginestra, ciascuno con plusvalenze tra i 7 e i 10 miliardi di lire e nessuno di loro che abbia fatto alcuna strada in serie A. Senza contare i giocatori famosi: Coco, Pirlo, Seedorf, Guglielminpietro, Simic, Domoraud, Brocchi, Umit. Spicca lo spettacolare scambio tra Coco e Seedorf dell’estate 2002: c’era da poco l’euro e il prezzo per entrambi fu pari a 29 milioni. Quasi lo stesso, solo per fare un esempio, di uno come McTominay, ma ben 22 anni prima: roba forte.

E nell’estate 2003, come fossero figurine e non calciatori, scambio di quartetti: Brunelli, Deinite, Giordano e Toma contro Ferraro, Livi, Ticli e Varaldi, con plusvalenze di 11,96 milioni per il Milan e di 13,95 milioni per l’Inter. Particolare curioso: a tutti i giocatori venne attribuito un valore di 3,5 milioni, tranne che a Livi, valutato – chissà perché – 3,45 milioni: roba da scardinargli per sempre l’equilibrio psicologico. E forse non è un caso che di lui si siano perse le tracce sui campi di calcio: ma è riemerso nel 2012 in tv in un’edizione spagnola del “Grande Fratello”.

Resta poi negli annali l’estate 2002 della Roma: con un bilancio a tal punto dissestato da poter essere usato per colare la pasta di un suo vecchio sponsor, la società giallorossa riuscì tuttavia a chiudere con un piccolo utile di 790mila euro grazie a 95,3 milioni di euro di plusvalenze. Fu una specie di raptus, con 20 giocatori venduti: in pochissimi si sono fatti valere – Amelia, Bovo e Brienza – mentre gli altri sono rimasti nell’anonimato, ossia, in ordine alfabetico, Casavola, Cennicola, De Vezze, Di Masi, Farina, Fontana, Frezza, Guastella, Martinetti, Meloni, Napoli, Paoletti, Parla, Quadrini, Ranalli, Tinazzi e Vitolo.

Da allora tante altre decine di plusvalenze sono passate sotto i conti e la giustizia sportiva ha sempre dormito sonni tranquilli, rifugiandosi nell’impossibilità di dare un valore esatto a un calciatore. In un solo caso, c’è stata una condanna: i 10 punti di penalizzazione inflitti alla Juventus al termine della stagione 2022-2023. Per restare in tema, una sentenza che ha tutta l’aria di essere una plusvalenza incrociata: la giustizia sportiva ha potuto affermare di non aver guardato in faccia nessuno, mentre John Elkann ha avuto l’occasione di fare piazza pulita dei vertici bianconeri, in primis del cugino Andrea, divenuto ingombrante per via della sua guerra contro l’Uefa e in favore della Superlega.

E il Napoli? Assolto dalla giustizia sportiva, c’è ancora in ballo l’indagine penale per il presidente De Laurentiis e per l’amministratore delegato Chiavelli.

La pubblicazione di alcuni sms segue il solito rituale. Panna montata con messaggi privati di nessun valore processuale, come quelli tra l’allora diesse Giuntoli e il suo vice Pompilio, mischiati ad altri più attinenti, come quello del presidente del Lille, relativo alla vendita di Osimhen: “Questo vi permette di pagare un prezzo inferiore, ma con un valore nominale che è quello necessario per chiudere”. Sembra che qualcuno la consideri una pistola fumante: tuttavia, le sembianze sono piuttosto quelle di una pistola ad acqua. È del tutto logico pensare che se la vendita di un giocatore avviene un po’ per denaro e un po’ per scambio di calciatori, il “valore nominale” resta quello voluto dal venditore, mentre il compratore “paga un prezzo inferiore”, perché una parte dell’acquisto è coperta da calciatori.

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