Napoli, non bisogna farne un dramma anche se togliere De Bruyne è stato un errore

C’è però una luce, una nota positiva: l’esordio di Gutierrez. Forte, fortissimo. La rosa profonda ha senso solo se acquista minutaggio

Napoli

Mg Milano 28/09/2025 - campionato di calcio serie A / Milan-Napoli / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: gol Kevin de Bruyne

La difesa inedita del Napoli si annebbia sin dall’inizio, come immersa in una nebbia improvvisa che rende difficile vedere e reagire.

Al battesimo di Marianucci, il padrino è Pulisic: il livornese prima sbaglia il tempo dell’anticipo, poi si accartoccia su sé stesso, come se il peso della partita lo piegasse subito.

Paradossale, quasi surreale, ma il Milan segna due volte contro un Napoli che, in quei frangenti, sembra più una statuina di Subbuteo che una squadra viva. Immobili, fermi, come congelati. Eppure sono ragazzi: cresceranno, impareranno, si faranno.

Chi dice che il Milan abbia dominato, mente a sé stesso. Nel primo tempo il Napoli ha costruito molto, cercando varchi, muovendo la palla con pazienza, come onde che si infrangono contro Maignan. Ha creato, eccome, ma davanti a sé ha trovato un portiere concentratissimo, ha reclamato due rigori che Chiffi non ha visto o non ha voluto concedere, ha sprecato due occasioni clamorose con Anguissa e Di Lorenzo, divorando il pane quotidiano che a certi livelli non si può buttare via.

Nella ripresa, la scena se la prende Kevin, il Re: con la sua presenza cambia l’inerzia della partita. Anche qui, l’arbitraggio sembra avere occhi ciechi: Chiffi non vede un’espulsione evidente, che persino all’oratorio sarebbe stata fischiata immediatamente.

Il Napoli accorcia, si riversa in avanti e finisce col giocare la partita secondo il modello preferito di Allegri: difesa bassa, baricentro schiacciato, catenaccio. Stavolta il catenaccio è giustificato: proteggere quel poco che si ha quando le energie vengono meno diventa una scelta obbligata.

Forse l’errore è stato togliere Kevin: uno come lui va tenuto in campo fino all’ultimo respiro, fino all’ultimo contatto con il pallone. Senza di lui, la squadra perde stabilità e punti di riferimento. Neres, subentrato, ci prova, stropicciando la lampada e cercando la magia, ma dalle parti rossonere ogni varco sembra chiuso, ogni spazio sigillato.

Sette minuti di recupero concessi, solo quattro realmente giocati: un’ulteriore frustrazione in una partita già segnata da tensioni e occasioni mancate. Lucca accanto a Hojlund poteva essere una soluzione, un tentativo in più per provare a sorprendere il Milan negli ultimi minuti.

C’è però una luce, una nota positiva: l’esordio di Gutierrez. Forte, fortissimo. Non servono novanta minuti per capirlo, bastano i primi tocchi, la naturalezza nei movimenti, la personalità che mette in campo. Avrà bisogno di tempo per ambientarsi, certo, ma chi lo segue da tempo non ha dubbi: ha tutto per diventare un vero craque.

Non bisogna farne un dramma. La rosa profonda ha senso solo se acquista minutaggio, se i giovani e i subentranti iniziano a rodare sul serio. Se un ragazzo come Lang comincia a capire i ritmi della Serie A, a trovare sicurezza nei movimenti; se Neres può davvero dimostrare di valere come Politano; se Lucca realizza che non gioca più in provincia, ma davanti a migliaia di occhi che aspettano il suo talento. Solo così questa squadra potrà crescere davvero, trasformando ogni difficoltà in esperienza, ogni errore in lezione, e costruendo dal basso una solidità che non trema al primo assalto.

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