Musetti poteva battere Sinner. E Babbo Natale esiste per davvero

Due ore di prevedibilissima lezione agli Us Open: il numero 1 e il numero 10, ma in mezzo c'è un mondo intero. Alla prossima dormiamo, Jannik

Sinner Musetti

Italy’s Jannik Sinner (L) shakes hands with Italy’s Lorenzo Musetti after winning their men's singles quarterfinal tennis match on day eleven of the US Open tennis tournament at the USTA Billie Jean King National Tennis Center in New York City, on September 3, 2025. (Photo by CHARLY TRIBALLEAU / AFP)

“E poi un grazie va anche agli italiani a casa che non sono andati a dormire”, dice da New York Sinner non guardando mai in camera, distogliendo lo sguardo per pudore. Mentre gli italiani a casa s’afflosciavano sul divano dopo un paio di ore, quando spuntava l’alba con tutto il suo carico di spigolosa realtà. La lezione ennesima di Sinner, a quello spicciolame di noi (un noi molto figurato) che davvero credeva che Musetti avrebbe potuto batterlo. Siamo dalle parti delle letterine a Babbo Natale affrancate e spedite per davvero, perché esiste, ci porterà i giocattoli, vive in Lapponia pagando peraltro un affitto ad equo canone.

Al di là dei molto spassosi disegni giornalistici che gonfiavano la grande sfida (“Big Italy”) dei nostri compatrioti agli Us Open come fosse una partita aperta, il campo ha parlato: tre set, due ore, 117 minuti, 6-1 6-4 6-2. “Ho messo da parte l’amicizia”, si sentirà in dovere di spiegare poi Sinner. Perché non è tempo, questo, di rivalità fratricide: altro che guerra di stili, i due (come quasi tutti gli altri) si vogliono bene, e l’unico che azzanna sempre è il cannibale rosso finto-timido.

Hai voglia a sfrocoliare il fascino della sfida, i “nostri” talenti contrapposti e pesati con la stessa unità di misura: il numero 1 e il numero 10 del mondo, certo; ma in in mezzo c’è per l’appunto un mondo intero. Nessuno di quelli rimasti svegli per vedersela, la partita, credeva davvero che Musetti avrebbe potuto eliminare Sinner. Il quale – c’è scritto nel bugiardino, in tedesco – ormai teme solo due cose: Alcaraz o un virus. Il resto è favola, contorno, credulità popolare. Mito. Anche l’ambizione di scegliersi un angolo, tifare per partito preso (“vuoi mettere il rovescio a una mano?”). E godersi il brivido dell’incertezza presunta.

Supponiamo che dopo il primo set anche i più arrapati di tennis abbiano ceduto al sonno. Fatta la tara di quelli che hanno usato il match per passare la notte fuori con l’amante (“ciao amore, vado a vedere Sinner-Musetti da Amilcare, torno domani”).

Sinner e Musetti giocano a due velocità diverse – uno è impostato 1,5x – e sul cemento americano le belle variazioni di Musetti su Sinner hanno un effetto scenografico o poco più. E’ un campione, “Muso”. Ma appartiene alla seconda categoria di questa nuova era tennistica: gli “altri”. I “non so, non rispondo” che nei sondaggi di spogliatoio si chiedono come si fa a battere Sinner e Alcaraz senza ricorrere alla violenza fisica. Non c’era partita, e svegli sono rimasti solo i sognatori: Musetti che batte Sinner a New York, certo, come no.

Al prossimo turno, in semifinale, c’è Auger-Aliassime: uno che con Sinner a Cincinnati qualche giorno fa ha raccolto due game. Facciamo che alla prossima dormiamo, Jannik. Ci rivediamo in finale.

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