Messi più forte di Maradona? Diego è un eroe tragico, un simbolo del Novecento. Leo “solo” un calciatore straordinario
Diceva Pasolini che il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. Invece lo stiamo riducendo a un semplice spettacolo da trangugiare tra una cosa e l’altra

A man passes by a mural depicting Argentine football stars Lionel Messi (L) and late Diego Maradona (R) in the eve of Qatar 2022 World Cup final football match between Argentina and France in Buenos Aires, on December 16, 2022. (Photo by Luis ROBAYO / AFP)
L’ultima partita di Lionel Messi con la nazionale Argentina ha riacceso il dibattito mai del tutto sopito su chi sia il calciatore più forte di tutti i tempi. E il paragone, of course, va immediatamente con Diego Armando Maradona.
Facciamo una premessa metodologica. Questi paralleli sono insopportabilmente manieristici, molto forzati e sostanzialmente sbagliati. È davvero possibile classificare il genio? È meglio Dante o Petrarca, Benedetto Croce o Hegel? Semplificazioni oziose. Molto efficaci, perfino divertenti e dilettevoli. Ma semplificazioni. Parliamo di due geni assoluti del calcio, di grandissimi campioni e metterli in competizione è ingeneroso.
Il paragone tra Diego e Leo, però, è utile perché offre a tutti noi un interessante spunto di riflessione. È possibile ritenere Messi più forte di Maradona? Chi scrive è un maradoniano convinto ma sì, l’opinione ha le sue legittime fondamenta. Eppure all’epopea messiana manca l’epica, è priva totalmente di politica e non c’è tragedia.
Possiamo dire che a Messi manca il Novecento. Maradona è dentro la storia dell’uomo mentre l’altro è solo la sua storia e poco altro. Si potrebbero citare milioni di esempi. La vita del Pibe è da poeta maledetto: il dramma della droga, la povertà mai dimenticata, la polemica con la Fifa corrotta, le vittorie con il “piccolo” Napoli, l’afflato popolare e plebeo delle dichiarazioni pubbliche, il rapporto infelice con l’universo femminile, le cattive amicizie con ras della mala partenopea, una vita piena e dissoluta poi la morte triste e opaca e tanto altro. C’è tanta ma tanta politica, nel bene e nel male: amico di Fidel Castro, caudillo che ha cavalcato i movimenti socialisti e peronisti del Sud America, la lotta contro l’Inghilterra durante la guerra per le Malvinas o Falkland che dir si voglia. L’odio contro gli Usa, le polemiche per i fischi anti-napoletani negli stadi del Nord. Politicamente confuso, certo, ma uno spirito militante.
Non è un caso se ci sono film e documentari che vanno molto oltre il calcio sulla storia maradoniana, non è un caso che negli angoli più oscuri ed emarginati del mondo ci sia ‘a capa ‘e Diego graffitata in faccia a muri sgarrupati o bandiere appese sui balconi delle favelas di tutto il mondo.
Un eroe? A suo modo sì. Una icona pop? Anche. C’è tanto, le sue gesta e la sua personalità travalicano i confini dello sport e attraversano la cultura, la politica, la società e i nostri costumi. E che c’entra questo col pallone? C’entra eccome, perché il calcio non è solo un gioco. Muove le masse, appassiona la gente, crea tensioni etico-politiche tra popoli, cambia le vite. Più d’un gioco, quindi più che calciatori.
Proviamo, infine, a compiere uno sforzo filosofico in più. Possiamo dire che Diego con la sua immaginazione calcistica, assolutamente eccezionale, affiancata a uno stile di vita da Tragedia, ha rappresentato il riscatto dell’originalità sulla mediocrità generalmente vincente, della rivincita sul perbenismo imperante e sul bigottismo di facciata? Probabilmente sì. Diego ha infranto le regole astratte del calcio inventando una via maradoniana alla vittoria, nel campo e fuori ha mostrato che la complessità del gioco inventivo può avere la meglio sul riduzionismo del tatticismo, del tecnicismo, dell’ossessione per la preparazione atletica e, pur se può sembrare contraddittorio, sul ‘bello’ fine a se stesso.
Un eroe della complessità Diego che ha combattuto vincendo per un po’ contro il mostro del riduzionismo, sia esso calcistico o culturale. Anche l’episodio più controverso di tutti, la Mano de Dios, ha un grande valore pedagogico, ci ricorda ogni giorno la differenza tra legale e giusto. Un gol irregolare, ma giusto. Che oggi verrebbe annullato dal Var.
Ecco, possiamo concludere con Pasolini: il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo? Sì, ma stiamo facendo di tutto per ridurlo a un semplice spettacolo da trangugiare tra una cosa e l’altra. Salviamolo finché siamo in tempo.
Ps: Chi scrive è anche convinto, per tanti dei motivi elencati, che il paragone tra Messi e C. Ronaldo sia una esagerazione. Un singolo stop di Leo vale mille gol del Portoghese.