La Vuelta è un caso politico. L’Uci accusa il governo: «hanno appoggiato chi attentava alla sicurezza dei ciclisti»

El Paìs. L'Unione ciclistica internazionale mette in dubbio le capacità organizzative spagnole. La replica del governo: «Lo sport non può ripulire un genocidio»

Pro-Palestinians protestors invade the street during the 21st and last stage of the Vuelta a Espana 2025, a 101 km race between Alalpardo and Madrid, near Atocha station in Madrid on September 14, 2025. The authorities have ramped up security for the Vuelta's final stage in Madrid, which was slightly shortened and will see 1,100 police officers deploy in the Spanish capital. (Photo by Pierre-Philippe MARCOU / AFP)

Poche ore dopo che la Vuelta di Spagna è stata costretta a chiudere la sua 90ª edizione senza un vincitore finale né cerimonia di premiazione, a causa delle proteste di massa contro la partecipazione del team Israel-Premier Tech, il direttore della corsa, Javier Guillén, ha spiegato perché l’organizzazione abbia comunque deciso di far disputare l’ultima tappa. Nonostante i ripetuti appelli a manifestare e le proteste pro-Palestina lungo il percorso – soprattutto nel cuore di Madrid – la gara è andata avanti fino a quando la situazione non è degenerata. In Gran Vía, ad Atocha, a Neptuno e a Cibeles, i gruppi più violenti tra i circa 100.000 manifestanti hanno reso impossibile la tradizionale festa finale. Ne scrive El Paìs:

L’Uci accusa il governo: «Alla Vuelta non avete garantito la sicurezza dei corridori»

Gli scontri hanno provocato reazioni fortissime, sia politiche che sportive, mettendo l’Unione Ciclistica Internazionale (Uci) in rotta di collisione con il governo spagnolo. Nel pomeriggio, un duro comunicato dell’Uci ha accusato direttamente il premier Pedro Sánchez: «La Vuelta è stata disturbata quasi quotidianamente da azioni militanti: intrusioni nel gruppo, lancio di urina, rischi per l’incolumità dei corridori, alcuni dei quali hanno riportato cadute e infortuni. Questi atti reiterati costituiscono una grave violazione della Carta Olimpica e dei principi fondamentali dello sport». «Ci rammarichiamo che il presidente Sánchez e il suo entourage abbiano sostenuto azioni capaci di ostacolare il buon svolgimento della gara e, in alcuni casi, abbiano persino espresso ammirazione per i manifestanti. È una posizione che contraddice i valori olimpici di unione, rispetto e pace, e mette in discussione la capacità della Spagna di ospitare grandi eventi sportivi internazionali».

Il governo spagnolo replica all’Uci: «usato lo sport per ripulire un genocidio»

In serata è arrivata la replica del Consejo Superior de Deportes (Csd). Il presidente José Manuel Rodríguez Uribes, in una lettera al numero uno dell’Uci David Lappartient, ha sottolineato: «Lo sport non può essere indifferente alle gravi violazioni dei diritti umani. Non c’è pace senza giustizia, e usare lo sport per ripulire un genocidio come quello in corso a Gaza, con migliaia di morti e una carestia già denunciata dall’Onu, questa sì che è una posizione politica contraria ai valori olimpici». Rodríguez Uribes ha difeso inoltre la capacità della Spagna di organizzare grandi eventi sportivi, ricordando i numerosi successi già ottenuti.

La presenza di Israel-Premier Tech un gioco politico

Prosegue El Paìs:

Il nodo resta la presenza dell’Israel-Premier Tech, voluta dal suo proprietario, il miliardario Sylvan Adams, vicino al premier israeliano Benjamin Netanyahu e sostenitore dell’offensiva militare a Gaza. La squadra, creata anche per promuovere l’immagine di Israele attraverso lo sport, è stata il detonatore delle proteste che hanno accompagnato la Vuelta fin dal suo inizio.

La Vuelta è ormai parte integrante dell’Amaury Sport Organisation (Asl), proprietaria anche del Tour de France e della Parigi-Roubaix. Una realtà che lo scorso anno ha visto la Vuelta crescere del 10% nei ricavi, superando gli 11 milioni di euro di utile, grazie anche alle partenze dall’estero, sempre più frequenti. «Noi siamo una corsa ciclistica e questo vogliamo rivendicare», ha ribadito Guillén. «Rispettiamo chi manifesta, ma chiediamo rispetto anche per i nostri atleti e per la gara». Poi ha lanciato un appello: «Chi chiama al boicottaggio deve sapere che così danneggia tutti quelli che lavorano per questa corsa». Infine, guardando al futuro, Guillén ha confermato che il prossimo Tour de France partirà da Barcellona: «Le istituzioni internazionali dovranno prendere decisioni sulla partecipazione di Israele, ma sono certo che la Grande Boucle avrà la sua partenza a Barcellona. Speriamo che per allora il conflitto a Gaza sia terminato».

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