Doni: «Sapevo che quelli del Piacenza vendevano le partite e l’ho accettato. Sono stato uno stupido»

Alla Gazzetta il racconto dell'incubo calcioscommesse. Oggi è un imprenditore di successo e un forte giocatore di tennis

Cristiano Doni

Cristiano Doni detiene ancora il record dei gol segnati dell’Atalanta, 112. Da quando ha smesso, dopo essere uscito pulito dalle accuse di calcioscommesse (il “buio” lo chiama lui) si è reinventato imprenditore nella ristorazione (soprattutto a Maiorca) e nel padel. Gioca tennis “benino”: ha una classifica 3.1, ovvero il livello più alto della terza categoria. E racconta quel “buio” passato alla Gazzetta dello Sport.

“Dicono che il tempo è galantuomo, all’inizio sei così arrabbiato che non ci credi, ma poi scopri che è la verità. Mi hanno messo un’etichetta, ma non era la mia. I carabinieri all’alba a casa, i cinque giorni in prigione, le prime pagine dei giornali. È crollato tutto, sono diventato il capro espiatorio, oggi so cosa significa finire nella macchina del fango. Ne sono uscito traumatizzato, ma ciò che non uccide fortifica, si dice così, giusto? Per la maglia dell’Atalanta ho sputato sangue, eppure tutto mi si ritorceva contro. Oggi a Bergamo la gente mi vuole bene, questo è quello che resta. Sono stato condannato per due partite, Crotone-Atalanta, dove ho segnato un gol all’incrocio dei pali, e Atalanta-Piacenza: sì, sapevo che quelli del Piacenza vendevano le partite, l’ho accettato, tutto lì, sono stato uno stupido“.

“Sono diventato un uomo migliore. Ho mangiato tanta merda, il rischio alla fine è quello di farsela piacere, ma mi sono tirato su le maniche e oggi sono un imprenditore. Ho un ristorante e altri locali a Maiorca, siamo cresciuti negli anni, puntando sulla qualità: ne vado molto fiero. A Bergamo ho aperto un centro sportivo, il ’27padel’, ricavato da un ex convento. Il padel crea comunità, ci vengono un sacco di amici ex calciatori. Tifo Atalanta, seguo tutto, ma con la giusta distanza. Ho una figlia di 22 anni e un figlio di 12 che gioca a pallone, il suo idolo è il Papu Gomez. È nato quando non vedevo la luce, mi ha salvato. No, non gli faccio vedere i miei gol, troverà la sua strada da solo, spero soltanto che sia felice”.

Doni parla anche della sua carriera. Dice di dovere tutto a Sergio Buso, dopo assere stato bocciato dalla Primavera del Verona e del Bologna. E che non ha rimpianti di grandi squadre: “Potevo andare alla Juve, ma l’Atalanta chiese troppo e in fondo ne fui felice, volevo restare a Bergamo. Poi la Roma: Spalletti mi voleva come vice-Totti, mi chiamava Pradé e mi faceva ascoltare il jingle della Champions: ‘Ti piace?’. Avevo già 34 anni, risposi: ‘Grazie, ma no, rimango all’Atalanta'”.

 

Correlate