Alcaraz-Sinner è stato Psg-Inter molto più di quanto si creda. Sinner lo ha capito e lo ha dimostrato in conferenza
Jannik non si è depresso, ne ha preso atto (così come dell'1-7 negli ultimi precedenti) e ha steso il programma politico per vincere lui la prossima volta: “uscire dalla comfort zone, rimettersi in gioco”

NEW YORK, NEW YORK - SEPTEMBER 07: Carlos Alcaraz of Spain poses with his trophy after defeating Jannik Sinner of Italy during their Men's Singles Final match on Day Fifteen of the 2025 US Open at USTA Billie Jean King National Tennis Center on September 07, 2025 in New York City. Clive Brunskill/Getty Images/AFP (Photo by CLIVE BRUNSKILL / GETTY IMAGES NORTH AMERICA / Getty Images via AFP)
Alcaraz-Sinner è stato Psg-Inter molto più di quanto si creda. Sinner lo ha capito e lo ha dimostrato in conferenza
È stata una mattanza tennistica. Un divario come quasi mai si era visto quando hanno giocato l’uno contro l’altro. Al di là delle statistiche, della valanga di numeri che ormai ogni sport produce (il tennis da sempre), a parlare sono stati – oltre ai fatti – sia i linguaggi dei corpi che la partita stessa.
Nel commentare il match degli ottavi di finale in cui aveva ridotto Bublik a un’onesta seconda categoria (rifilandogli un triplice 6-1), Sinner aveva sottolineato l’importanza di avergli strappato il servizio in apertura. Servizio che il kazako non aveva mai perso nel torneo. Una dimostrazione di forza che ha avuto un impatto anche psicologico sul suo avversario. È quel che è accaduto ieri sera a ruoli invertiti. Pronti via, lo spagnolo ha strappato il servizio all’italiano. In ogni set, a ogni primo game di battuta di Sinner, Alcaraz ha avuto almeno una palla break. Gli ha strappato la battuta nel primo e nel terzo set. Non ci è riuscito nel secondo e nel quarto.
Vale la pena ricordare che nella finale di Wimbledon, dopo aver perso il primo set, l’azzurro tolse immediatamente la battuta al rivale invertendo subito il corso della partita. Fu un passaggio chiave del match. E in quel game di apertura del secondo set, Alcaraz commise un doppio fallo e due errori gratuiti. Era ancora l’Alcaraz genio e sregolatezza, panni che – come splendidamente descritto da Athletic – agli Us Open ha lasciato a casa. Per indossare quelli della solidità. Meno errori gratuiti. Zero doppi falli in finale. E colpi da urlo, concessioni allo show, solo quando se n’è presentata l’occasione. Nessun tiro forzato, per dirla alla Dan Peterson.
Consiglieremmo cautela nella lettura delle statistiche. Sì, il servizio di Sinner non ha funzionato. Ma i colpi non sono compartimenti stagni. Se consentite, occorre un approccio olistico ai numeri. Ci sono percezioni di campo che è pressoché impossibile trasmettere. E le risposte di Alcaraz devono aver comunicato a Jannik un senso di forza, un’energia che lo ha quasi messo in soggezione. L’azzurro è un boa constrictor. Gioca meglio, diventa via via più feroce quando è in posizione di dominio rispetto all’avversario. Una volta che lo ha stretto nella sua morsa, non gli consente praticamente mai di liberarsi. A memoria, l’unica eccezione è stata la finale di Parigi contro Alcaraz con i due set di vantaggio, i tre matchpoint non sfruttati e quindi la sconfitta. Un’eccezione appunto. L’italiano soffre invece quando è sotto. Rende di meno. Non è una banalità perché non è così per tutti. Alcaraz, ad esempio, ha il problema opposto. Quando è sopra nettamente, tende a distrarsi, gigioneggia, e può finire col perdere il controllo della partita. È un aspetto su cui sta lavorando. Quando è sotto, invece, spalle al muro, tende a esaltarsi, a offrire il meglio di sé.
Sinner si è subito chiesto: cosa devo fare per vincere io la prossima volta?
Nel complesso il match è stato un dominio talmente evidente che mai Sinner ha dato l’impressione di poter vincere. Nemmeno dopo aver conquistato il secondo set. È il motivo dell’accostamento nel titolo alla finale di Champions tra Psg e Inter. Ed è stato proprio Sinner a capirlo. A Flushing Meadows punteggio meno roboante ma il succo non è stato tanto diverso. Vinto il secondo set, Alcaraz è salito immediatamente 5-0 nel terzo. Sembrava una di quelle gare di braccio di ferro con una netta disparità di forza tra i due contendenti.
Quel che però è stato decisamente diverso, è stato il post-partita. Nell’Inter ci fu uno psicodramma che ancora non è stato superato. Lautaro ha rivelato che per cinque giorni non è riuscito a parlare. Ci fu l’addio di Inzaghi. Conseguenze traumatiche nello spogliatoio. Fu una botta tremenda per l’autostima della squadra e dei calciatori. La reazione di Sinner è stata completamente diversa. A caldo, dopo neanche un’ora, ha fornito una disamina lucidissima non solo della sconfitta in sé ma di quel che dovrà essere il suo lavoro nei prossimi mesi. Ha ricordato innanzitutto a sé stesso che per migliorarsi bisogna avere il coraggio di uscire dalla propria comfort zone e mettersi a nudo per imparare nuove cose. È un concetto valido persino per lui. Ha parlato di serve and volley («non l’ho mai fatto nel torneo»), di ampliare il proprio bagaglio tecnico. Ha capito, ha percepito che dopo Wimbledon Alcaraz ha intrapreso un percorso che lo ha condotto alla vittoria di New York. Le sconfitte, si sa, insegnano più delle vittorie. Non si è pianto addosso, Sinner. Ha fugato qualsiasi dubbio sulla sua condizione fisica. Non si è rifugiato in alibi. Ha ricordato Matteo Renzi quando ancora era un politico e trasformò la sconfitta alle primarie contro Bersani in una vittoria col suo discorso post-elettorale. Pose le basi per il suo successo poi rivelatosi tremendamente effimero. Per Sinner sarà diverso. Ha dimostrato, confermato, come reagisce un fuoriclasse a una sconfitta. Ossia provando a rispondere alla domanda: “cosa devo fare per vincere la prossima volta?”. Domanda tutt’altro che banale se teniamo conto che degli ultimi otto scontri diretti, l’azzurro ne ha vinto soltanto uno. Non un torneo qualsiasi, per carità: la finale di Wimbledon. Ma sempre uno su otto. Ha capito che deve cambiare qualcosa del suo gioco per invertire il trend. Deve rimettersi in gioco.