Kelly Doualla: «L’urlo dopo il traguardo? Avevo promesso a mio fratello che avrei esultato almeno una volta»
A Repubblica: «I velocisti sono pigri. Controllo l'ansia ridendo. Il razzismo? Mi ispiro a Paola Egonu e Myriam Sylla, perché riescono a evitare le critiche».

Kelly Doualla (Foto Grana/Fidal)
Kelly Doualla, classe 2009, è la stella nascente dell’atletica italiana. Dopo l’oro sui 100 metri agli Europei Under 20 a Tampere, si è raccontata in un’intervista a La Repubblica.
Kelly Doualla: «Noi velocisti siamo un po’ pigri, dopo l’oro ho mangiato al McDonald’s»
Kelly Doualla, con lei vittorie e record sembrano scontati ma scontati non sono: ci pensa mai che è solo una quindicenne?
«Non ci penso al fatto che una quindicenne di solito non fa questi tempi, ormai mi sono abituata, come le persone che mi stanno accanto: è tutto normale, e io mi concentro sulle gare».
Ha un’età in cui è normale giocare: come libera la sua fantasia?
«Fare la lotta con mio fratello è divertentissimo, ma passo tanto tempo anche a giocare a carte con i suoi amici che sono spesso a casa nostra. Non giocavo tanto con le bambole nemmeno quando ero piccola, però devo dire che ho tanti pupazzi, quello sì, e ci dormo pure.»
Dicono che dopo l’oro europeo si sia divisa tra sonno e hamburger…
«Quanto all’hamburger con patatine, se il McDonald’s fosse stato chiuso l’avrei fatto riaprire. Poi sì, ho dormito tanto, e avrei voluto farlo ancora di più ma non ce l’ho fatta. Non è che i velocisti siano tutti pigri, però un po’ è vero, possiamo esserlo parecchio. Mi ero addormentata pure prima della 4×100 che vinse l’oro a Tokyo, per fortuna per un pelo sono riuscita a vederla, con mio padre che saltava come fa solo per il calcio, mia madre e mio fratello tutti felici».
L’ansia è un freno o un carburante per lei?
«È qualcosa che riesco a controllare. Mi aiuta a partire meglio dai blocchi, mi fa essere più reattiva, ma se diventa troppa mi può danneggiare come è già successo. Quindi tendo a vivere le gare più tranquillamente possibile con quel minimo di ansia che c’è sempre e che mi aiuta. Come la controllo? Ridendo. Se vedete tutte concentrate e me che rido vuol dire solo che sto cercando di controllare le emozioni e sto immaginando le mie canzoni. Certo mi ha aiutato tantissimo sentire i miei compagni urlare fino a quando sono salita sui blocchi per la finale. Nel silenzio ho ascoltato la tachicardia, ma sapevo che non c’erano motivi per preoccuparsi e in gara è uscito fuori quello che doveva uscire».
Cosa c’era in quell’urlo dopo il traguardo?
«Era uno sfogo. Avevo promesso a mio fratello che avrei esultato almeno una volta, e questo era il posto giusto per farlo. Poi ho sfogato tutte le energie e l’ansia».
I suoi miti sono le sprinter Fraser-Pryce e Richardson: negli altri sport ci sono campionesse che la ispirano?
«Paola Egonu e Myriam Sylla. Perché riescono a evitare le critiche: sono nera come loro, ok, le critiche le subisco anch’io e come fanno loro cerco di evitarle il più possibile. Commenti razzisti, roba del genere, è come se mi scivolassero addosso. Non li ascolto, non li leggo, li evito più che posso».