Spalletti: «È difficile togliere ai calciatori la noia di essere benestanti. Ci è mancato uno come Chiesa»

Al Venerdì di Repubblica: «“Non ho tempo” è la religione degli sfigati». E riparla del Napoli e di De Laurentiis: «il più grande dispetto è non averci fatto sfilare col bus scoperto»

Moldova Spalletti

Db Reggio Emilia 09/06/2025 - qualificazioni Mondiali 2026 / Italia-Moldova / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Luciano Spalletti

Spalletti: «È difficile togliere ai calciatori la noia di essere benestanti. Il calcio genera presunzione, anche nei più maturi»

Luciano Spalletti parla al Venerdì di Repubblica (intervista di Matteo Pinci). Di sé, della Nazionale, del Napoli.

Viene citato un suo vino “Tra le linee”,

come quei giocatori che piacciono a Luciano. E che sarebbero serviti alla sua Nazionale per evitare il disastro: «Ci è mancato un giocatore così, tra le linee, uno capace di portarti sull’ottovolante. Fosse stato possibile avrei portato Chiesa…».

Chiesa agli Europei c’era, li ha giocati. Non nella disfatta contro la Norvegia.

Spalletti, inutile girarci attorno: bisogna ripartire da lì, la sconfitta con la Norvegia, i Mondiali subito a rischio, l’esonero da ct della Nazionale.
«Non mi passa mai. Mi toglie il sonno, mi condiziona in tutto, perché il pensiero torna sempre lì. Certe volte mi sembra di essere felice, poi però dopo un attimo mi torna in testa quella cosa lì. Non sono riuscito a far capire ai ragazzi che gli volevo bene». 

«Il mio errore è stato, all’inizio, pigiare troppo su questo senso di appartenenza, di identità. Chiedere di cantare l’inno. Di fare un grido di battaglia prima di ogni allenamento. Volevo stimolare quell’orgoglio che provavo io, ma è stato troppo».

Spalletti e il dispetto di De Laurentiis

Buffon ormai è un amico: è la cosa migliore che le ha lasciato la Nazionale?
«Gigi è una serie di “grandissimo”. Grandissimo uomo, amico, dirigente, calciatore. Una persona con la schiena dritta che ha avuto l’intelligenza di superare le difficoltà, di parlare delle sue fragilità, che ha fatto i conti con i suoi errori. È grandissimo».

Negli spogliatoi è possibile portare questi valori?
«È difficile togliere ai calciatori la noia di essere benestanti. Il calcio genera presunzione, anche nei più maturi».

«Il futuro? È difficile che mi distacchi dalle mie abitudini, non sono uno che si sveglia stanco. “Non ho tempo” è la religione degli sfigati».

Il Napoli lo ha lasciato lei. Come ha scritto, da quel momento è stato come “bere un bicchiere di olio di ricino al giorno”. Perché?
«Con quel gesto ho contribuito a far riconoscere situazioni che poi sono state chiare un anno dopo, quando De Laurentiis ha capito che per vincere ancora avrebbe avuto bisogno di prendere un grande allenatore, che non dipendeva tutto solo da lui».

Non vi siete lasciati bene con De Laurentiis.
«Il più grande dispetto che ho ricevuto è non averci fatto sfilare per la città sul pullman dopo lo scudetto. Mi mancherà per sempre, ancora di più mi è mancato dopo averli visti sfilare quest’anno. Ho chiesto a dei calciatori di mandarmi il video, per capire almeno che effetto facesse quella folla da lì sopra».

Correlate