Spalletti non ha capito cos’è la Nazionale. L’inno cantato a squarciagola sembrava un grido d’aiuto
È stato un corpo estraneo. La Nazionale ha storicamente bisogno di condottieri che sappiano unire il gruppo, non di insegnanti di calcio

Italy's head coach Luciano Spalletti (C) and Italy's former goalkeeper Gianluigi Buffon (L) speak ahead of the Nations League quarter final first leg football match between Italy and Germany at the San Siro Stadium in Milan, on March 20, 2025. (Photo by Marco BERTORELLO / AFP)
Spalletti non ha capito cos’è la Nazionale. L’inno cantato a squarciagola sembrava un grido d’aiuto
Le imprese più grandi della Nazionale sono state edificate, allattate e nutrite attraverso la certosina costruzione di un gruppo che fideisticamente credeva nel proprio condottiero. Partendo da Vittorio Pozzo padre putativo della Nazionale italiana, fino a Marcello Lippi, passando per Enzo Bearzot. Condottieri, prima che commissari tecnici. Padri acquisiti, che hanno difeso i propri uomini contro tutto e contro tutti. Scegliendo sempre di percorrere il tortuoso sentiero dell’impopolarità, salvo poi essere identificati come i padri della patria. Tutti gli uomini da loro condotti hanno regalato alla Nazionale ed al paese gioia ed orgoglio indimenticabili. Imprese attraverso le quali costruire una memoria condivisa del percorso personale e collettivo. Vittorie attraverso le quali identificare il proprio orgoglio nazionale. L’Italia non è solo una semplice squadra di calcio, nelle manifestazioni iridate rappresenta il sentimento di un paese intero.
Le ultime due mancate partecipazioni ai mondiali di Russa e Qatar hanno prodotto una rottura profonda. I neonati del 2006 a malapena ricordano Brasile 2014. I nati dal 2008-2009 in poi non hanno mai visto l’italia ai mondiali. Qualcosa di impensabile, eppure è vita vissuta da questi adolescenti, i quali riusciranno ad appassionarsi a sport e idoli nei quali identificarsi, Sinner un nome a caso. Nel calcio delle selezioni nazionali ci si sente sempre più intrusi. Sempre più dei parvenù. Un tempo facevano paura Germania e Brasile. Oggi basta una Norvegia a mortificarci. È evidente che il paese non si sente più rappresentato dalla nazionale. Ma la stessa è termometro delle ambizioni calcistiche nazionali. Troppo dolorose le débâcle negli ultimi anni. Un effetto placebo l’effimero Europeo 2021.
Spalletti non ha stabilito un dialogo con i suoi uomini
Il problema in questo momento storico non è solo Spalletti. Spalletti è diventato un problema della Nazionale pian piano. Non è entrato nel cuore della squadra. Portatore non sano di stress, filosofeggiante, non ha stabilito un dialogo con i suoi uomini, anzi. All’Europeo dopo un pomeriggio di un giorno da cani con la Svizzera, scaricò le colpe sui calciatori, diventando di fatto quasi un nemico sulla panchina azzurra. Dopo quasi due anni possiamo affermare con certezza che Luciano Spalletti non ha capito cosa sia la Nazionale. Indipendentemente dalla querelle Acerbi, Luciano Spalletti è arrivato in Nazionale, scambiandola per un club. Pensando di dover insegnare, selezionando quelli in grado di non creargli problemi. Non ha smussato quegli spigoli che in situazioni come quella che sta vivendo adesso diventano particolarmente ingombranti. Chi deve condurre un gruppo di uomini, se ne dovrebbe ritenere maestro. Spalletti, invero, ha movenze e prossemica da despota, mantenendo un approccio da incompreso.
Superato il problema Spalletti con un avvicendamento ormai fisiologico, c’è da fare i conti con noi stessi. Con la perdita definitiva di un’identità nazionale che gli italiani hanno sempre fatto fatica a costruire. Un’identità nazionale sempre più evitata e sempre più rifuggita. Che negli anni dal secondo dopoguerra si è andata via via stingendo. Scarnificando quel poco che c’era. Sembra paradossale, ma nemmeno tanto. Negli anni in cui l’Italia dettava legge in Europa e nel Mondo i commissari tecnici appena appena intonavano l’inno di Mameli. Il canto a squarciagola di Spalletti è sembrato più un grido d’aiuto che una voce ferma in grado di guidare undici ragazzi oltre la propria mediocrità. Per arrivare in America servirebbe un vecchio zio come Claudio Ranieri. Per andare oltre i pannicelli caldi sarebbe utile una nuova narrazione nazionale in cui essere fieri di sé stessi.