Pro e contro il risultatismo. “Mi auguro che arrivi Allegri”. “Scudetto sì ma gioco deludente”

POSTA NAPOLISTA - Due lettori a confronto. “La lezione di Conte, anche nel comportamento degli arbitri”. “Non capisco la vostra linea editoriale”

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Mg Napoli 23/05/2025 - campionato di calcio serie A / Napoli-Cagliari / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Giovanni Di Lorenzo-Alessandro Buongiorno

Pro e contro il risultatismo. “Mi auguro che arrivi Allegri”. “Scudetto sì ma gioco deludente”

Gentile direttore, seguo da tempo il confronto tra risultatisti e giochisti. Di getto, mi è venuto da scrivere questo “Elogio” che mi fa piacere condividere con lei e con gli amici de Il Napolista.

Elogio di Antonio Conte.
Lo scudetto di due anni fa fu una cavalcata straordinaria. Ma, in città si diffuse il credo che solo così il Napoli poteva vincerlo: stracciando il campionato perché, punto a punto, ce lo avrebbero sempre fatto perdere in albergo. Del resto, i precedenti due, li avevamo vinti con il più grande di sempre, ovvero, in un’altra circostanza straordinaria.

Quello di oggi cambia la regola ma solo un vincente, anzi il più vincente per mentalità, poteva crederci fino alla fine. Sempre sul pezzo, “diamo fastidio, diamo fastidio, poi vediamo. La storia la scrivono i vincitori, gli altri la leggono”.

Eppure, dopo il penultimo turno, si poteva cadere nella vecchia tentazione alberghiera: all’Inter non avevano tolto niente (sacrosanto tutto quello fischiato). A noi, un rigore e mezzo! Ma Antonio non si è scomposto più di tanto, è rimasto sul pezzo, ha detto: “Andiamoci a prendere lo scudetto!”

Ve lo immaginate a protestare per un fallo laterale battuto dieci metri avanti? (e no Inzaghino, potrai anche vincere qualcosa perché tieni una squadra forte, ma non sei un vincente). Antonio protesta con la società (e lo fa sempre e ovunque) perché vuole giocatori forti (per vincere) non giovani promesse. E i giocatori forti costano.

Prendiamo ad esempio il comandante Sarri. Quando venne a Napoli chiese Saponara, con il quale manco ‘e piattari ci avrebbero ricavato qualcosa. Si dirà che Sarri al suo primo anno era un signor nessuno e non poteva chiedere più di Saponara. In realtà sono due mentalità: una presuntuosa, convinta che con undici mezze cartucce, il gioco mandato a memoria possa produrre magnificenze; l’altra, umile, vera, storica, che sostiene che vince chi ha i giocatori più forti o, comunque, in stato di grazia (Mcfratm di quest’anno). E allora l’allenatore? Indispensabile soprattutto per gestire l’enorme flusso di dati e pressione che si vive in un club di serie A: social, media, soldi (tanti soldi), a mantenere la barra dritta, a caricare a pallettoni la squadra, a saper dare carezze, a prendere la frusta, a litigare con il mondo tenendo salva la squadra. In questo Antonio è veramente un maestro. Non credo resti. Nel caso, mi auguro che al posto suo arrivi un altro vincente: Max Allegri.
Giustino Amabile

Risultatismo che brutto termine

Caro Napolista, seguo il vostro giornale e vorrei permettermi di suggerire di riconsiderare la crociata a favore del RISULTATISMO. (Che brutto termine)

Il Napoli ieri sera ha vinto il suo quarto scudetto e siamo tutti felici per questo. Lo ha fatto esprimendo un gioco, onestamente, deludente per gran parte della stagione ma abbiamo vinto e questo basta! Sì … abbiamo vinto e per questo ringraziamo, oltre che il presidente e la società, tutti gli attori di questo successo e in primis Antonio Conte. Ma unitamente ai citati, un plauso è doveroso anche per Simone Inzaghi e, perché no, alla Lazio di Pedro che ha imposto il pareggio all’Inter mentre il Napoli non riusciva a superare il Parma al Tardini.

Due anni fa, il Napoli di Spalletti aveva chiuso la pratica scudetto già in marzo e forse anche prima. Un Napoli giudicato ingiocabile da diversi allenatori avversari. Un Napoli spettacolare di cui ha parlato tutta l’Europa e che in Europa, oltre che in Italia, ha menato mazzate a destra e a manca. Producendo spettacolo oltre che risultati, sempre artefice delle sue sorti, arbitro del suo destino. Non dovendo ringraziare accadimenti fortunosi che, di questi risultati, ne abbiano favorito il raggiungimento.

Si dirà, sì ma non è andato avanti in Champions, vero. Ma il motivo forse è da ricercare nella inadeguatezza della rosa per il raggiungimento di alcuni traguardi, non certo nella qualità del gioco espresso.

Quel Napoli, fosse stato una meteora, un episodio, un fatto occasionale successo in uno sport dove vince sempre chi gioca male, capirei la vostra linea editoriale. Ma, per quanto possa io ricordare, la Nazionale che ha vinto più titoli mondiali è il Brasile e mi sembra che i Carioca abbiano sempre espresso un calcio spettacolare. Molti sono gli esempi che si potrebbero fare, l’Ajax di Cruyff, il Milan di Sacchi.

Negli annali vengono registrate non le belle partite ma le vittorie, vero. Ma vogliamo finalmente contare le vittorie ottenute giocando male e quelle che invece sono state conquistate giocando bene, producendo spettacolo, divertendo il pubblico?

E ancora, quanti sono quelli ai quali brillano ancora gli occhi per le giocate di Maradona, Pelè e quanti quelli ai quali brillano per le giocate dei vari Furino?

Ora, considerato che lo sport è anche spettacolo e che il calcio ne è l’espressione più seguita al mondo, bisogna fare una considerazione. L’evento è seguito da tifosi – devo citare Kolarov? – ma anche da appassionati che pagano appunto per assistere a uno spettacolo, che sanno apprezzare un gesto atletico, una intelligenza tattica, che danno al risultato una valenza diversa da quella del tifoso, perché questi dovrebbero essere penalizzati?

Sia ben chiaro, non è la bellezza del Napoli di Spalletti che voglio rivendicare qui, all’indomani di una vittoria ottenuta in tutt’altro modo. Ma l’idea del giornalismo. Il senso stesso di questa professione, cioè l’esposizione corretta dei fatti nella loro interezza e realtà.
Ho sempre visto il giornalista come un supereroe che al posto dell’armatura e dei super poteri ha la sua penna e l’onestà intellettuale.
Forse sono solo un romantico idealista ma non siano noi la speranza del mondo?

Buon lavoro a tutti voi,
Mario Montella

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