McTominay allo United era un robot in mano agli allenatori. Napoli l’ha liberato, ora è felice (Times)

Al Manchester era un soldatino ubbidiente. Con Conte fa anche i colpi di tacco, il tecnico lo ha liberato dalla deferenza

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Mg Monza 19/04/2025 - campionato di calcio serie A / Monza-Napoli / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Scott McTominay

Per capire cosa era e chi è adesso Scott McTominay, bisogna leggere questo pezzo del Times. Che non ne fa il solito ritratto luoguocomunista (Mcfratm eccetera eccetera), ma che invece sottolinea che a Napoli lo scozzese è sbocciato: umanamente e tatticamente. E’ diventato un altro, s’è liberato, “ora sorride, è felice”.  Una evoluzione da soldatino ubbidiente a tuttocampista irrefrenabile.

“Fin dal momento in cui Scott McTominay ha indossato la maglia rossa della prima squadra del Manchester United – scrive il Tims – si è diffusa la percezione di lui come un certo tipo di giocatore: umile, attento e, soprattutto, immancabilmente obbediente. Nel 2018, la sua stagione di svolta sotto la guida di José Mourinho, una fonte ha dichiarato all’Independent che era “una tela bianca ideale” a cui Mourinho “può dare istruzioni tattiche specifiche che verranno eseguite rigorosamente”.

La stagione successiva, è stato descritto su The Athletic come “un giocatore la cui abilità più grande sembra essere quella di fare esattamente ciò che l’allenatore gli dice di fare”. Nel 2021, con Ole Gunnar Solskjaer ora alla guida, un altro articolo citava una fonte interna allo spogliatoio che affermava: “Segue le istruzioni. Non fa un sacco di domande, ma è concentrato, sintonizzato e assimila le informazioni”. Questo era McTominay: non solo il sogno di un allenatore, ma il suo asso nella manica.

Col tempo, ovviamente, da questo è nato un paradosso. McTominay non è stato certo il primo giocatore a scoprire che più dimostrava questa capacità di agire su informazioni precise e specifiche, più il suo ruolo diventava nebuloso e poco definito. Ha giocato come numero 6 arretrato. Ha giocato come numero 8 box-to-box. Ha giocato come difensore centrale per Mourinho e il suo CT della nazionale, Steve Clarke. Ha giocato come seconda punta per Erik ten Hag. Forse solo James Milner e Sergi Roberto, tra i giocatori attuali, potevano eguagliare la sua gamma di ruoli.

Ma mentre i suoi sostenitori tendevano a vederlo come un modulo di comando infinitamente suggestionabile, in un’altra intervista con il sito web dello United nel 2023, affermò che il suo modo di giocare ottimale e naturale era una sorta di stato di flusso in cui non era in sintonia con le istruzioni, ma ne era avvolto, e poteva semplicemente “perdersi nel gioco”.

“Quando McTominay ha firmato per il Napoli di Antonio Conte abbiamo tutti pensato: il centrocampista più docile del mondo, che gioca per l’allenatore più chiassoso del mondo, in un campionato in cui la gesticolazione operistica da bordo campo non è solo una caratteristica, ma una forma d’arte. Tanta corsa, tanti urli, tanta pasta integrale e impegno totale. E quindi sì, ci saremmo aspettati McTominay primo in Serie A per distanza percorsa. Ci saremmo aspettati che si sarebbe impegnato a fondo nell’apprendimento della lingua. Che avesse giocato il terzo maggior numero di minuti in campionato tra tutti i giocatori di movimento del Napoli. Avremmo persino potuto prevedere, visto il record davvero eccezionale di Conte in campionato, che, dopo aver concluso al decimo posto la scorsa stagione, il Napoli si sarebbe trovato in lizza per un inaspettato scudetto.  Quello che forse non ci saremmo aspettati è la libertà, la gioia, la crescita personale; il sorriso sul suo volto, non solo i chilometri nelle sue gambe”.

“McTominay che fa colpi di tacco, McTominay che elogia la dolcezza dei pomodori locali, McTominay immortalato in un murale nascosto in un’edicola barocca in un vicolo accanto a una chiesa napoletana, McTominay soprannominato “McTomadona”.

“Non c’è dubbio che 11 gol in Serie A, più di qualsiasi altro centrocampista in questa stagione, siano il dato principale, ma forse ancora più significativo è il fatto che McTominay abbia tentato quasi il doppio dei passaggi rispetto alla sua migliore stagione con lo United, o il fatto che, non avendo tentato un tiro su punizione in nessuna delle sue 178 partite di Premier League, nelle ultime settimane ne abbia effettuati due per il Napoli, l’ultimo dei quali una vera e propria perla, destinata all’incrocio dei pali finché Suzuki del Parma non l’ha deviata sulla traversa”.

Insomma, scrive il Times, se “all’Old Trafford, la carriera di McTominay è stata caratterizzata in una certa misura dalla deferenza, dal non accettare idee al di sopra del suo rango, a Napoli, non ha questo complesso. Non è più il ragazzino infinitamente compiacente delle giovanili. Può fare ciò che gli viene naturale, inconsciamente. In questo, lo aiuta avere un posto più stabile all’interno della struttura della squadra: giocare come centrocampista sinistro e più avanzato nel 4-3-3 di Conte, con licenza di spingersi in avanti per giocare alle spalle di Romelu Lukaku in un 4-2-3-1 in fase di possesso. Con Conte, il paradosso si inverte: poiché il ruolo di McTominay è costante, la sua coscienziosità non lo è; può semplicemente perdersi nel gioco. Essendo stato, per usare le sue parole, “sbagliato” allo United, ora gioca in una posizione simile a quella ideale”.

E ovviamente, a questo punto, al Times “sembra quasi inevitabile criticare aspramente il Manchester United, bollare come incosciente la decisione di lasciare andare McTominay la scorsa estate, confrontare le loro situazioni attuali e deridere il loro sconsiderato abuso di un giocatore di punta. La squadra di Ruben Amorim è un disastro assoluto, e il ragazzo di Lancaster cresciuto nell’under-nine, che ascoltava una cassetta di Cat Stevens in macchina mentre mamma e papà lo accompagnavano all’accademia, che una volta disse che la maglia dello United “è diversa da qualsiasi altra maglia che potresti mai indossare”, e lo pensava davvero, ora è l’orgoglio e la gioia di un’altra città”.

“Ma d’altronde: McTominay non era questo giocatore al Manchester United. Forse non avrebbe mai potuto esserlo. E la sua partenza non è stata una decisione arrogante e unilaterale, ma una scelta che McTominay, desideroso di uscire dalla sua zona di comfort e sperimentare una nuova cultura, ha fatto anche per se stesso”.

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