Il quotidiano spagnolo ricorda le sue frasi: «Senza la malattia sarei finito a giocare in Serie B o, forse, mi sarei ritirato»

Assieme a Sommer, Francesco Acerbi è stato l’eroe della serata di Champions League che ha visto l’Inter staccare il pass per la finale ai danni del Barcellona. Al 37enne difensore nerazzurro i colleghi di Marca hanno dedicato un bell’approfondimento, titolando l’articolo “La storia di Acerbi, eroe dell’Inter in Champions League, che ha sconfitto cancro, depressione e alcolismo”. Ve ne proponiamo un estratto.
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Il focus di Marca su Francesco Acerbi
“Francesco Acerbi è stato uno dei grandi eroi dell’Inter ieri sera. Il difensore centrale italiano, dopo che il Barcellona aveva ribaltato lo svantaggio iniziale di 2-0, ha portato la partita ai supplementari con un gol in extremis. Il difensore dell’Inter si è comportato come un killer d’area di rigore, superando Araujo e battendo Szczęsny con il suo piede debole. Al Meazza scoppia la follia e l’Inter risorge grazie ad Acerbi”, ricapitola Marca.
“In pochi conoscono la storia del difensore centrale dell’Inter. Una storia che lo ha portato a sconfiggere la depressione, il cancro e un grave problema di alcolismo”, sottolinea la nota testata che poi prosegue: “Torniamo al 2013. Quell’estate Acerbi firmò per il Sassuolo. Tuttavia, durante un esame medico, gli venne diagnosticato un tumore ai testicoli che richiese un intervento chirurgico d’urgenza. Il giocatore si riprese e poté tornare a giocare ma qualche mese dopo subì una ricaduta più grave che lo tenne lontano dal campo per un anno. E non era l’unico problema che il calciatore stava affrontando. Al Milan divenne dipendente dall’alcol e soffrì di depressione dopo la morte del padre”.
Le testimonianze
“La diagnosi di cancro è stato uno degli eventi che l’hanno portata a cambiare vita […] gli ha fatto cambiare le cattive abitudini che aveva”, scrive Marca che riporta le testimonianze di Acerbi: “«Un anno dopo la malattia, mi sono svegliato con un attacco di panico. Ho iniziato a pensare a tutte le preoccupazioni che avevo dato ai miei genitori, alle opportunità che avevo sprecato, alle notti di eccessi. Quella mattina avevo paura della mia ombra. Ho iniziato ad andare da uno specialista che mi ha aiutato a superare le mie paure». Il giocatore ha spiegato che dopo la prima operazione non era cambiato nulla in lui, continuava a comportarsi come un “non professionista” fuori dal campo: «Un giorno ho iniziato a urlare: ‘Esci dal mio corpo!’ Ma io ho continuato con la mia vita normale. Serate, drink, uscite fino alle 7 del mattino»”. Fu la ricaduta a cambiargli la vita: «Senza la malattia sarei finito a giocare in Serie B o, forse, mi sarei ritirato. Per fortuna, qualcuno lassù mi ha voluto bene e mi ha mandato la malattia. Senza di essa, sarebbe finita malissimo. Nessuno mi avrebbe salvato»”.