Lo scudetto è una questione di testa e di braccino, sorrido per le analisi sulle sostituzioni

L’unico che sa come si fa è Conte, che, infatti, predica calma. Occhio ai tifosi dello scudetto. Quelli veri sanno che non c'è vittoria senza sofferenza

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Ci Napoli 11/05/2025 - campionato di calcio serie A / Napoli-Genoa / foto Carmelo Imbesi/Image Sport nella foto: Antonio Conte

Lo scudetto è una questione di testa e di braccino, sorrido per le analisi sulle sostituzioni

Saranno due settimane lunghissime.
E, quindi, per alleviare l’ansia, scrivo. Anche se so che sarà inutile, perché l’ansia continuerà a salire.
Devo dire che mi sorprendono, e un po’ mi fanno ridere, tutte queste analisi: abbiamo pareggiato perché ha tolto Raspadori e ha messo Billing, perché non c’era Rafa Marin. A questo punto del campionato sono riflessioni che valgono il giusto. Contano soltanto i nervi.

Del resto, questo è uno strano campionato dove più che vincere lo scudetto sarà l’altra contendente a perderlo. Non potrà che essere il campionato del rammarico. Ovviamente, spero con tutto il cuore che non saremo noi a doverlo avere.

A partire dal Milan e dalla Juve, date fra le favorite e rapidamente svanite. Per non dire dell’Atalanta, i cui eccezionali risultati sono offuscati dalle difficoltà incontrate – guarda caso – proprio quando andava compiuto l’ultimo step, a conferma di come storia e mentalità contino almeno quanto il campo.

L’Inter – nettamente la squadra più attrezzata – dall’inizio dell’anno perde punti perché concentrata prevalentemente sulla Champions. Il Napoli perché ha una rosa quantitativamente e qualitativamente inferiore. Soprattutto sotto il profilo mentale. Nel solo girone di ritorno, quando cioè è diventato più impegnativo mantenere la testa della classifica, siamo stati rimontati sei volte. Altre volte, pur vincendo, abbiamo faticato nella ripresa a tenere il risultato. Né la squadra, né la società, né l’ambiente è abituata a gestire queste situazioni. Siamo soliti passare dal pessimismo e dalla scaramanzia all’entusiasmo precoce. Fino ad arrivare alle grottesche riunioni di Comune e Prefettura sui festeggiamenti e sugli autobus coperti o scoperti. Per carità, capisco bene che chi è istituzionalmente preposto debba prevedere le cose per non farsi trovare impreparato, ma si fa nel più assoluto e rigoroso riserbo. Come scriveva domenica sera il direttore, non è scaramanzia, ma lo sport.

Lo scudetto di due anni fu una storia diversa

Chiunque abbia giocato a tennis anche a livello infimo, sa cosa è il braccino.

Mi si dirà: ma abbiamo già vinto due anni fa. Oltre al fatto che metà squadra è diversa, nel 2023 il distacco è stato subito netto. Fin dal 5 a 1 alla Juve del gennaio 2023 si era capitato come sarebbe andata a finire. E, peraltro, le improvvide dichiarazioni di Spalletti di questi giorni confermano come nemmeno in quel caso la gestione della vittoria sia stata esemplare.

L’unico che sa come si fa è Conte, che, infatti, predica calma e ricorda di aver personalmente vinto e perso scudetti all’ultima giornata.
Quindi, è inutile girarci intorno. Se è vero che siamo nelle condizioni di decidere il nostro destino, è altrettanto vero che dipenderà esclusivamente dalla testa. Ovviamente, soprattutto da quella della squadra e dello staff tecnico. Ma anche di tutti noi.

A preoccuparmi di più sono quelli che – causticamente – un mio amico definisce i tifosi dello scudetto. Quanti, cioè, si appassionano soltanto quando si vince; interessati più che altro alla festa, che è la parte finale e meno interessante del calcio, molto meno del percorso. Quelli che domenica sera dopo due minuti dalla fine della partita erano già distratti a pensare e fare altro. A differenza del vero tifoso, per cui il calcio è fatto di aspettative, desideri, gioie, ma anche di timori e sofferenze, di lacrime e sangue: basta un attimo e ti trovi sott’ e ‘ncoppa. Per il vero tifoso la cautela è supportata dalla conoscenza della nostra storia, che più volte ci ha fatto odorare il traguardo per poi beffarci.

Quindi, calma e gesso, attentiamo ansiosi, sapendo che in questa corsa del gambero chi compie l’ultimo errore paga tutto. Se sarà il nostro, dovremo avremo l’onestà di ammettere che nemmeno dovevamo stare lì a competere. Se sarà il loro, si godrà il triplo!

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