Lo avvisò Daniel D’Alessandro detto “Bellebuono”, alla fine dell’agosto scorso; ora è fermo in Bulgaria. Nel letto del San Raffaele, Beretta raccontò: «Sapevo che volevano uccidermi».

L’inchiesta ultras che vede coinvolta la curva dell’Inter e del Milan continua. In particolare, dal lato nerazzurro, emergono nuove importanti rivelazioni. A quanto pare, era stato studiato un piano per uccidere Andrea Beretta, capo della curva Nord; ma sfumò tutto grazie alla soffiata di Daniel D’Alessandro “Bellebuono”.
Ultras Inter, Ferdico e Bellocco volevano uccidere Beretta
Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera:
«Ti convocheranno alla cascina. Ti offriranno un caffè avvelenato con le benzodiazepine, poi ti uccideranno. Hanno già scavato la buca. Sono andato io a prendere la calce viva per “sciogliere” il tuo cadavere. Poi faranno sparire la tua macchina, la porteranno in Francia, a Nizza, per simulare una tua fuga». La fine di agosto dell’anno scorso. Daniel D’Alessandro, 29 anni, detto «Bellebuono», va di nascosto a Cernusco sul Naviglio a casa di Andrea Beretta. È un incontro segreto, perché Bellebuono sta giocando una partita che potrebbe costargli la vita. Spiffera a «Berro» il piano killer organizzato dal rampollo della ‘ndrangheta Antonio Bellocco e da Marco Ferdico, braccio destro di Beretta nella gestione del tifo ultrà. Quella soffiata, alla quale inizialmente Beretta non vuole credere, alla fine cambierà il corso della scalata dei Bellocco. Una storia che si chiuderà con l’assassino dell’erede di ‘ndrangheta e il pentimento di Beretta; è appena stato arrestato per aver ucciso Bellocco davanti alla palestra Testudo di Cernusco. È in un letto del San Raffaele dove i medici lo hanno operato per estrarre il proiettile che Bellocco ha sparato con la sua stessa pistola nel tentativo di difendersi. «Sapevo che volevano uccidermi», racconta Beretta. Dice anche di essere stato avvisato da un «amico» (di cui però non fa il nome).
Il giorno dopo la «soffiata» però Beretta viene davvero convocato da Ferdico e soci in un locale all’interno di una cascina. Beretta è armato, ma decide di lasciare la pistola in macchina. Quando Ferdico lo saluta i due si abbracciano. Fa caldo, ma lui indossa un giubbotto. L’amico lo stringe: «come per perquisirmi», dirà lui agli investigatori. Ma è quel che succede dopo ad allarmarlo: «Marco mi porge un caffé, capisco e rifiuto con una scusa. Così prendo solo una bottiglia d’acqua». Quella stessa notte Beretta e Bellebuono si rivedono sotto casa. Lui capisce di non avere più scampo. D’Alessandro «dice che il piano è saltato, ma che lo uccideranno comunque: «Stanno organizzando un agguato». Per tre giorni e tre notti Beretta girerà armato «senza mai dormire». Poi la mattina del 4 settembre, quando Bellocco gli dà appuntamento alla palestra per accompagnarlo alla comunità di Don Mazzi, decide di anticipare le mosse perché teme che sia l’occasione per farlo fuori. Così affronta Bellocco: «Cos’è questa cosa che vuoi ammazzarmi?». Poi, mentre sono sulla Smart, gli punta la pistola. Nella colluttazione Bellocco riesce a strappargliela e a sparare. Berro estrae un coltello e lo colpisce 21 volte, sei al cuore.
Polizia e carabinieri devono risalire all’autore della soffiata perché temono per la sua vita. Dai tabulati riescono a capire che si tratta di Bellebuono. Lo trovano in un centro commerciale. Lo fermano e con la scusa di una notifica lo portano in questura. Con lui c’è un amico, straniero, che avvisa subito i Ferdico. Marco e il padre Gianfranco vanno in fibrillazione. La polizia offre a D’Alessandro protezione e la possibilità di collaborare con la giustizia. Ma lui tergiversa e rimanda la decisione al giorno dopo. La sera i Ferdico si presentano a casa D’Alessandro. Gli investigatori intercettano la chiamata di Bellebuono alla fidanzata: «Se non mi senti tra un po’, dai l’allarme». L’incontro dura 45 minuti. Poi lui chiama la polizia: «Non ho niente da dirvi. Non c’entro niente con questa storia». Crede di essere riuscito a convincere i Ferdico. In realtà non gli hanno creduto e forse già stanno lavorando a un piano per ucciderlo. Lui però sparisce e per mesi vive braccato come un latitante. A fine febbraio 2025 scappa in Bulgaria. È stato Beretta a raccontare che proprio Bellebuono avrebbe sparato all’ex capo ultrà, ingaggiato dai Ferdico su suo mandato. Ma perché D’Alessandro ha deciso di avvisare Beretta del piano omicida rischiando lui stesso la vita? Secondo la ricostruzione degli inquirenti decisivo è stato un episodio avvenuto nelle prime giornate di questo campionato. Pare durante Inter-Atalanta del 30 agosto 2024 quando scoppia una rissa tra gli stessi ultras della Nord. D’Alessandro si ritrova isolato. Nessuno dei «capi» va in suo aiuto. Tanto che alla fine dovrà chiedere aiuto a Beretta che, nonostante il divieto di entrare a Milano, arriva in suo soccorso.