Il procuratore Chiné l’ha rintracciata con un lavoro da detective durato oltre due settimane. L’attaccante dell’Inter non ne è uscito bene.

E bestemmia fu. Ieri la Lega Seria A ha dato notizia del patteggiamento di Lautaro, attaccante dell’Inter, con la procura federale in merito alla bestemmia (ora non più presunta, ma certificata da Chiné) al termine della partita contro la Juventus. Ne parla Franco Ordine sul Giornale.
Contrordine: la bestemmia c’è stata
Scrive Ordine sul Giornale:
Contrordine: la bestemmia di Lautaro c’è stata. L’ha rintracciata, con un lavoro da detective durato oltre due settimane, il procuratore federale Chinè rovistando tra le tante immagini televisive “ufficiali” e per questo affidabili a disposizione. Da questo “ritrovamento” è partito il deferimento a fari spenti del capitano dell’Inter il quale ha scelto – su suggerimento di un esperto conoscitore del codice di giustizia sportiva – di patteggiare, di fatto riconoscendo la colpa.
Ammenda da 5 mila euro, quindi, poiché ha pronunciato in occasione della partita Juve-Inter del 16 febbraio due volte un’espressione blasfema. Sui social si è scatenato l’inferno delle polemiche. Come mai non è stato squalificato?
“Alla fine il lavoro certosino degli uomini di Chinè è stato premiato: dal materiale girato dalle 23 camere utilizzate per la ripresa della partita, di cui 16 attive in quel momento, sono spuntate quelle “di piena garanzia e documentale”. Per completare l’approfondimento sulla vicenda, non possono mancare alcune riflessioni: 1) dal giorno della bestemmia sono passati quasi due mesi e sarebbe stato assurdo applicare una squalifica dopo così tanto tempo; 2) resta un mistero il motivo tecnico secondo cui le prime immagini siano arrivate senza audio e non siano state cercate quelle complete; 3) dalla vicenda lo stesso Lautaro che aveva negato l’accaduto, tirando in ballo addirittura i figli, non ne è uscito bene”.
Indiana Chiné e i predatori del porco*** perduto: sulla bestemmia di Lautaro indagano i Ris federali
“Ma l’avete perquisito, almeno?”.
“Chi, dotto’?”.
“Lautaro, come chi! Lautaro! Avete controllato che non ce l’avesse ancora addosso la bestemmia? A volte restano tracce anche piccole, una D al posto di una zeta, le divinità si nascondono dietro uno zio, una nonna… ricordatevelo sempre”.
Sicché la Procura della Federcalcio ha spedito a Torino i Ris, a scandagliare il prato col luminol.
“E’ sperma quello?”,
“Lascia perdere, noi cerchiamo quel maledetto Porco***”.
“E com’è fatto?”
“Cerca gli asterischi. Gli asterischi sono la chiave”.
Ma niente, non c’è traccia di blasfemia. I cani molecolari hanno annusato anche negli spogliatoi. Troppo fetore di calzini, la scena era ormai contaminata. Restano solo i video, la prova tv. Perché la partita era già finita, e il Var non poteva intervenire pur volendo. Il moccolo a tempo scaduto non è punibile in flagranza, dice il consulente evangelico dell’Aia, Monsignor Torquemada.
E allora Indiana Chiné e predatori della iastemma perduta si sono fiondati nella sede di Dazn con la Swat. Hanno rovistato pure nei cassetti di Ferrara e Ambrosini. Alla fine si sono fatti aprire il caveau degli audio censurati, tombati in un sarcofago di cemento armato di nove piani. Lì dove giacciono i sacramenti radioattivi di Marco Pacione, Luca Siligardi e Sergio Pellissier, di Gigio Donnarumma e Gigi Buffon.
“Dottore, venga a vedere…”.
Chiné si avvicina, con un fazzoletto di stoffa immacolata a filtrare l’olezzo dei sacrilegi ormai decomposti.
“E’ un puta quello? E’ argentino? Portatelo immediatamente ad analizzare. Chiamate Murillo”.
“Dottore, è proprio sicuro. Murillo?”
“Sì. Questo è un lavoro per Murillo“.
David Murillo è il perito sordomuto che ha interpretato il labiale di Rubiales mentre strappava il bacio a Jenny Hermoso. È una star, tra i predatori di bestemmie. Un vero rabdomante: trova santi e madonne dove altri leggono solo zii e nonne.
L’audio viene immediatamente riposto in una teca asettica e trasportato nei laboratori della scientifica sportiva, sotto il Gran Sasso. Per capire se davvero bestemmia c’è stata ci vorranno dai 6 ai 9 mesi. Sono i tempi della giustizia divina.
“E ora, dottore?”
“E ora non ci resta che aspettare. Aspettare e pregare, figliolo”.