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Massimo Boldi: «Con Teo Teocoli ci menavamo spesso, è un prepotente. C’era poco da ridere» (Repubblica)

«La Carrà mi odiava perché non capiva il mio umorismo. Avrei potuto conoscere i Beatles ma lasciai il gruppo per la morte di mio padre»

Massimo Boldi: «Con Teo Teocoli ci menavamo spesso, è un prepotente. C’era poco da ridere» (Repubblica)
Db Milano 27/04/2016 - photocall film ' La coppia dei campioni ' / foto Daniele Buffa/Image nella foto: Massimo Boldi

Massimo Boldi alla soglia degli 80 anni ha rilasciato una lunga intervista a Repubblica.it in cui ha raccontato tanti aneddoti della sua lunga carriera partendo dal suo debutto televisivo

«..non fu male: nel 1974 Pozzetto mi portò a Canzonissima. Con la stessa comicità stralunata di Cochi e Renato, e d’altronde la scuola era la stessa, il Derby. Mi pagavano 50mila lire a puntata. Anche se rischiai di farne poche: la Carrà mi odiava perché non capiva questo modo di far ridere»

Quindi non ha rimpianti.
Massimo Boldi: «Quelli certo che li ho, come tutti. Ma molti sono personali. Quello artistico è non aver potuto conoscere i Beatles suonando sul palco prima di loro. E ci è mancato poco»

Scusi, ma questa ce la deve raccontare: Massimo Boldi e i Beatles sono un’accoppiata lisergica anche solo da pensare.
«Eppure è vero. Ma se non è successo è stato per un motivo terribile, la morte di mio padre Marco, nel 1964. Dovetti mollare la band dove facevo il batterista, i Gentleman. Al mio posto arrivò Pupo Longo. E il gruppo cambiò nome e diventò i New Dada. Che nel 1965 furono tra i musicisti che aprirono il concerto dei Beatles al Vigorelli di Milano. Ogni tanto ci ripenso. Ma non recrimino nulla: dovevo pensare alla famiglia».

Negli anni dopo si rifece entrando al mitologico Derby, tempio del cabaret milanese. È tutto vero quel che si racconta intorno al posto?
Massimo Boldi: «Tutto verissimo. Una gabbia di matti fantastica. Ci entrai come musicista, quando mi dissero che si faceva cabaret io manco sapevo cosa fosse, pensai al cabaret delle paste, anche perché il mio lavoro era vendere brioche. Ma fui subito rapito dalla magia di gente come Paolo Villaggio, i Gufi, Cochi e Renato, Jannacci. Prendevo 5 mila lire al giorno, anzi, a notte: lavoravo dalle 21 alle 4. Il gestore si chiamava Gianni Bongiovanni, e io ne facevo l’imitazione, tutta borbottii e frasi sconnesse. Finché mi beccò e mi gettò sul palco ordinandomi di ripeterla. E lì incominciò tutto. Il vero problema con quel periodo è che gira una famosa foto di molti di noi, ci eravamo soprannominati Gruppo Motore. Ogni tanto la riguardo e vedo che la lista dei morti si allunga»

Tra i vivi c’è ancora Teo Teocoli, con cui ha fatto coppia per anni, litigando sul palco in modo straordinario.
«Ma litigavamo anche dietro le quinte, e lì c’era poco da ridere. Ci menavamo spesso: Teo è un prepotente. Ma siamo sempre amicissimi»

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