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Dopo Napoli, Davide Ancelotti è diventato un vice-allenatore più famoso di tanti “primi”

Il “raccomandato”, il “figlio del bollito”. All’estero lo celebrano. Disse: «Napoli è il posto dove mi hanno fatto pesare di più il nepotismo»

Dopo Napoli, Davide Ancelotti è diventato un vice-allenatore più famoso di tanti “primi”
Real Madrid's Italian coach Carlo Ancelotti (L) speaks with Real Madrid's Italian assistant coach Davide Ancelotti during the Spanish league football match between Real Madrid CF and UD Las Palmas at the Santiago Bernabeu stadium in Madrid on September 27, 2023. (Photo by Thomas COEX / AFP)

A volte il destino s’accanisce. C’è stato un tempo in cui a Napoli, per un riflesso condizionato dall’incapacità di assumersi la responsabilità delle proprie mediocrità, presero a dare la caccia a Davide Ancelotti. Il figlio di. Il “raccomandato” del “bollito”. Quello che nella tradizione popolare del posto fisso riassumeva il sottogenere del puccettone che entra in banca in sostituzione del padre che accetta il prepensionamento per assicurare un futuro di pasti caldi alla prole. A Napoli, si sa, siamo scandinavi. Certe cose non le facciamo.

Negli anni successivi Davide Ancelotti è diventato il vice-allenatore più celebrato della storia dei vice-qualsiasicosa. È di nuovo, al fianco del padre, in finale di Champions. Da protagonista. È una storia che da queste parti viene elaborata come un lutto, un trauma irrisolto. Non se ne fanno una ragione. Fino a luglio non aveva ancora, il patentino Uefa Pro (ora ce l’ha). Uno scandalo. Poi dici il familismo amorale.

Prima di lui, e dell’accanimento napoletano nei suoi confronti, gli allenatori in seconda erano per l’appunto in seconda: se ne stavano in disparte, parlavano solo per la squalifica del titolare, agivano nell’ombra. Abbiamo dato dignità mediatica ad alcuni di loro solo retroattivamente, a salto compiuto. Tipo Arteta, che fu secondo di Guardiola al Manchester City, o Mourinho che fece la gavetta con Bobby Robson e Louis van Gaal. Invece gli articoli a lui dedicati in questi anni post-partenopei dai più autorevoli quotidiani sportivi d’Europa non si contano più. È una scia mediatica inedita che lo segue dall’Inghilterra, all’Everton, fino a Madrid. Se li leggi in fila, uno dietro l’altro, e unisci i puntini ne vien fuori il profilo di un futuro – potenziale – grandissimo allenatore. È un anticipatario, Davide Ancelotti. Un “secondo” più primo di tantissimi primi. Un fenomeno senza precedenti.

El País già due anni fa spiegava che “Davide integra l’esperienza del padre con una visione più moderna di alcuni aspetti calcistici”. Javi Martínez, allenato dagli Ancelotti al Bayern Monaco, disse: “Davide è quello che manca a Carlo, gli aggiunge quanto di nuovo c’è nel calcio: i video, le analisi dei dati”. Nel 2021 The Athletic scriveva che era Davide ad aver “rivoluzionato la difesa sui calci piazzati dell’Everton”. In Inghilterra era già considerato “un astro nascente molto amato dai giocatori”. A Napoli invece il Mattino raccontava che “i giocatori mal tollerano Davide, non lo considerano all’altezza di allenarli”.

Marca, per esempio, ricorda che il rampollo parla cinque lingue, non è mai stato un semplice vice. E AS che è stato lui a scegliere i cinque rigoristi nei quarti di finale di Champions che hanno eliminato il Manchester City. Nel 2021 – già tre anni orsono – a El Mundo fonti interne al Real parlavano di un professionista “geniale, empatico e professionale”. Ad As spiegò lui stesso che i pregiudizi lo hanno in fondo aiutato: “La fame di trionfo la ritrovo nella necessità di dover dimostrare, nel soddisfare le aspettative, nei sospetti generati dall’essere figlio dell’allenatore”. E due anni fa, prima della finale di Champions tra Real e Liverpool, in un’intervista al Corriere della Sera dettò una sentenza: “Lavoro da 10 anni con mio padre e il tema del nepotismo salta fuori quando si perde. Il posto dove me l’hanno fatto pesare di più è stato a Napoli”. Pensa tu.

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