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Baglioni: «Il mio esordio canoro in treno per coprire il verso delle galline e non fare insospettire il controllore»

Sul Corsera: «A Venezia arrivai ultimo in un concorso; Ron, penultimo. Meditai di lasciarmi cadere in un canale. Ci salvò un folletto che giocava a cantare l’opera lirica: era Lucio Dalla»

Baglioni: «Il mio esordio canoro in treno per coprire il verso delle galline e non fare insospettire il controllore»
13th Fina World Championships From 17th to 2nd August 2009.18/7/2009.Open Ceremony.Claudio Baglioni.Foto Roma2009.com/InsideFoto/SeaSee

Aldo Cazzullo intervista sul Corriere della Sera Claudio Baglioni. Una lunga intervista di cui non c’è da perdersi neanche un rigo per l’intensità delle parole e per i racconti. I racconti di una carriera ma anche di una vita, partita dalla campagna Umbra per arrivare a Roma

«Tornavamo dalla campagna in treno, con gli animali vivi che ci avevano regalato i parenti contadini. Accarezzavo i conigli, sentivo il loro cuore battere forte, sapendo che non potevo affezionarmi: qualche giorno dopo li avrei trovati nel piatto. E cantavamo per coprire il verso delle galline e non fare insospettire il controllore. Il mio esordio canoro avvenne così».

Galline?

«Le tenevamo nella vasca da bagno, fino al loro sacrificio. Una volò in strada, a Centocelle, con nostro grande imbarazzo e paura che ce la rubassero».

Lei è figlio unico.«Giocavo da solo, la campagna umbra è il mio paradiso perduto: la stalla, l’aia, il fienile, il pagliaio erano personaggi vivi, come i mulini di don Chisciotte. Volevo un fratellino, ma mi dicevano che i bambini si comprano e costano tanto. Così racimolavo monetine e le offrivo alla mamma, che rispondeva: i bambini sono rincarati»

Baglioni non ha bisogno di presentazioni e la sua carriera è storia, ma gli inizi forse meno

Primo provino?

«Mamma mi accompagnò a Milano, in una pensioncina senza bagno, con un lavandino da cui scendeva acqua nera. Cantai nell’indifferenza più totale, accompagnato da musicisti svogliati, ne ricordo uno che suonava il contrabbasso fumando la pipa».

Secondo provino?

«Sempre a Milano, stavolta con il pianoforte: “Tu sei per me la più bella del mondo…”. I discografici davano una cena, arrivarono gli invitati, cominciarono a mangiare; mi pareva di essere al pianobar. Mi dissero che le mie cose non funzionavano. Al ritorno, sul tram vuoto e zitto, urlai in faccia a Milano: “Io ce la farò!”».

Perché le sue cose non funzionavano?

«Era ancora l’Italia spensierata degli anni 60, andava la musica yéyé, e io ero triste, portavo gli occhiali spessi e i maglioni neri a collo alto, da esistenzialista, il mio mito, per darmi un atteggiamento, era Juliette Greco. Gli amici mi chiamavano Agonia».

Al provino romano andò meglio.“Portavo una canzone, Signora Lai, su una donna che tradisce il marito. Con spavento noto che uno dei fonici che mi giudicherà ha il nome appuntato sul camice: S. LAI. Capisco che non posso dargli del cornuto, e cambio il titolo al volo. Signora Lia è nata così».

Si racconta di un concorso a Venezia. «La Gondola d’Argento, c’era anche Ron. In giuria, i marinai di un nave all’ancora nel porto, cui non importava molto di sentire “Notte di Natale”: “Dio, tu stai nascendo, e muoio io”. Arrivai ultimo; Ron, penultimo. Meditai di lasciarmi cadere in un canale. Ci salvò un folletto che giocava a cantare l’opera lirica: era Lucio Dalla».

E poi scrisse «Questo piccolo grande amore».

«La scrissi come si scrive un testamento. Non pensavo di fare questo mestiere, non avevo la pelle per farlo. Ero un sentimentale come mio padre, mentre avrei voluto essere determinato come mia madre. Ed ero timido: un ragazzo di periferia che non batteva chiodo con le ragazzine. Aspettavamo l’occasione, e la nostra sala d’attesa era il bar della Rca»

Cosa succedeva al bar della Rca?

«Ti davano un libro da leggere, ti consigliavano un film, e ogni tanto per smaltire i solisti creavano un gruppo: voi sarete i Pandemonium, voi la Schola Cantorum… Passavano Morandi e altri artisti famosi, oppure dall’interfono chiamavano per scherzo: “Il maestro Giuseppe Verdi è atteso in mensa”, “qualcuno ha visto il maestro Donizetti?”. Facevo il corista con le sorelle Bertè, Mia e Loredana, e con Renato Zero, che a differenza mia aveva già qualche soldo in tasca, una volta al cinema Farnese di Roma mi pagò il cinema»

Tanti fan ma anche odiatosi, tra cui Antonio Ricci che ha pure fatto un libro: «Tutti poeti con Claudio».

«È un duello decennale con un solo duellante, lui. Ho provato a chiederne la ragione, mi hanno risposto: è tutto inutile, ti detesta. Non so perché. Mi ha messo anche tra i rifatti, con la disperazione di mia madre che reclamava che non era vero e che avevo la bocca bella come la sua ma il naso grosso come quello di mio padre. Mi sono quasi rassegnato: con la pace dei sensi arriverà anche la pace dei consensi».

Ricci sostiene che lei avrebbe copiato i testi da poeti illustri.

«Ho scritto più di ventimila versi, rispetto ai venti passaggi citati. Ci saranno senz’altro echi di frasi che mi hanno colpito. La creazione nasce anche dalla memoria e dalla rielaborazione. È sempre stato così»

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