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«Dovevo rapire Zola, gli andai incontro con la pistola dietro la schiena. Lui sorrise e io rimasi di sasso»

Il mancato sequestro di Gianfranco Zola raccontato da chi lo doveva rapire. Repubblica ricostruisce la storia: «Lui sorrise e ci disse ‘ciao ragazzi’!»

«Dovevo rapire Zola, gli andai incontro con la pistola dietro la schiena. Lui sorrise e io rimasi di sasso»
Bergamo 09/12/2021 - Champions League / Atalanta-Villareal / foto Image Sport nella foto: Gianfranco Zola

Una storia rimasta sopita per anni. Il mancato sequestro di Gianfranco Zola. Repubblica ricostruisce quella che poteva diventare una pagina nera del calcio italiano ed è invece diventata una storia di riscatto. Un salvataggio non solo metaforico. A raccontarlo sono i due protagonisti, l’ex calciatore e Fabrizio Maiello.

I due si sono incontrati oggi alla casa-famiglia Emmaus, una struttura delle suore e dei padri Somaschi

«Grazie, Gianfranco, grazie!» dice tra le lacrime Fabrizio. «Poterti abbracciare e chiedere scusa era il mio desiderio più profondo. Mi hai aiutato a capire che stavo sbagliando, che da quella vita dovevo uscirne». Zola stoppa e la mette all’incrocio: «Sequestrarmi non ti sarebbe convenuto, a quei tempi mangiavo come un lupo!»“.

Il primo incontro tra i due risale a trent’anni fa circa, in una stazione di servizio all’ingresso di Parma.

«Dovevamo rapirlo per chiedere il riscatto al club. Ero con altri tre, lo seguivamo in autostrada, pensavamo di speronarlo. Poi, entrò in un distributore a far benzina. Gli andai incontro, avevo la pistola dietro la schiena. Lui disse con un sorriso affettuoso ‘ciao ragazzi’! Rimasi di sasso, lo ammiravo e gli chiesi l’autografo che mi fece sulla carta d’identità». Oggi, un secolo dopo aver visto morire la probabile carriera da professionista per un brutto infortunio, anni di carcere e ospedale psichiatrico, Fabrizio è un altro“.

La reazione di Zola alle parole di Maiello:

«Sì, mi sono commosso. Ai tempi del Parma non potevo mai immaginare di poter essere un bersaglio. Oggi, se ripenso a quelle dinamiche, mi sento fortunato. Ripeto, sono felice per Fabrizio autore di una redenzione per nulla facile».

La storia di Fabrizio Maiello ha commosso Zola

Fabrizio ha sessant’anni,  ha conosciuto il bene e il male. Il calcio, le rapine, gli arresti, l’ex Ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia, quattordici anni di reclusione:

«Un inferno in terra. Dietro le sbarre ha trascorso ventiquattro stagioni. Giovanni Marione (detenuto come lui, ndr), in quel manicomio ha contribuito a salvarmi la vita e mi ha fatto conoscere l’amore. Giovanni era tre celle più in là. Gli davano tre mesi di vita, non era autosufficiente, aveva un enfisema polmonare, chiesi di metterlo in cella con me. Me ne presi cura, lavandolo, dandogli l’ossigeno. È uscito vivo e questo è il mio più grande record, ma anche il mio atto più coraggioso. Lo dico sempre ai ragazzi: coraggio non è far sdraiare tutti a terra minacciando con una pistola, coraggio è aiutare una persona sola al mondo. Grazie, Gianfranco

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