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Sinner: «Alle finali di Coppa Davis ci sarò, tutti si aspettano che vinciamo»

A La Stampa: «Mi piace giocare in Davis, le sensazioni che si provano, fare parte di un gruppo. Abbiamo una squadra forte. Sull’Italia c’è anche tanta pressione»

Sinner: «Alle finali di Coppa Davis ci sarò, tutti si aspettano che vinciamo»
Db Bologna 16/09/2022 - Coppa Davis / Italia-Argentina / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Matteo Berrettini-Jannik Sinner

Jannik Sinner intervistato da La Stampa. Annuncia che andrà a Malaga a giocare le finali di Coppa Davis.

È stato molto criticato per l’assenza in Davis a Bologna. Da Torino a Malaga, dove la settimana seguente le Finals l’Italia si giocherà la coppa, ci sono forse voli diretti…

«A Malaga ci sarò. Mi piace giocare in Davis le sensazioni che si provano, fare parte di un gruppo. Abbiamo una squadra forte, con diverse opzioni anche in doppio. Sull’Italia c’è anche tanta pressione, tutti si aspettano che vinciamo, ed è giusto così. Sono sicuro che tutti daremo il massimo per arrivare il più avanti possibile».

COSA HA DETTO AL CORRIERE DELLA SERA

Jannik Sinner intervistato dal Corriere della Sera dopo la vittoria al China Open e la conquista del numero 4 della classifica Atp.

Con il senno di poi possiamo dire che la scelta conservativa di saltare il girone di Davis per preparare lo swing in Asia ha pagato?

«Non so se ho voglia di parlare di questo però sì, sono contento di come mi sono allenato dopo l’Open Usa. Non è che in due settimane ti inventi niente, eh, voi il lavoro non lo vedete ma c’è: giornate lunghissime, tra campo e palestra, io mi sento bene solo se alla fine sono stanco morto, perché vuol dire che mi sono allenato nel modo giusto. Vincere un torneo non cambia la vita ma convalida la bontà di quello che fai».

A Pechino, contro il n.2 Alcaraz e il n.3 Medvedev i miglioramenti si sono visti.

Sinner: «Ho provato cose nuove e servito una percentuale più alta, ma non basta. E non significa che servirò sempre così. La scelta di non andare in Davis alla fine serviva a quello, la programmazione si fa in base agli obiettivi. La differenza che avverto ancora è fisica: i miei movimenti in campo possono migliorare, volée, servizio, tutto può crescere. Non sono arrivato al picco, proprio no».

Il n.4 del ranking come Panatta nel ‘76 cosa significa, Jannik? E quanto conosce, lei nato nel 2001, della storia del tennis italiano?

«La storia la conosco, però andare oltre i risultati degli altri non mi dice niente. Non mi interessano i paragoni con il passato, cioè: voglio diventare forte io, Jannik Sinner, la sfida è con me stesso e la storia la costruisco per me, per nessun altro. Mi interessa condividere questi momenti con le persone che credono in me, i miei parenti e il mio staff. Solo questo conta. Poi vedremo quanto oltre i miei limiti riuscirò a spingermi».

Direzione Djokovic: ormai resta solo l’immortale da battere. Magari alle Finals.

«Sono impegnato a conoscere il mio cervello, ma serve tempo. Mi interessa capire il 100% di come funziona il mio, soprattutto nelle difficoltà, quando sono stanco o nervoso. Le settimane dopo New York le ho investite anche sulla mia testa e a Pechino spero si sia notato. A Montecarlo lavoro con Formula Medicine: è un modo diverso di allenare la mente. Proverò a riprodurre il modello a Shanghai, che sarà un test importante, sperando che Pechino non sia stato solo un caso!».

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