L’estremismo di Djokovic per diventare Djokovic: non trascura nulla, nemmeno la telepatia (L’Equipe)

"Irriducibile, a tratti irresponsabile. Ha lavorato per avere una gestione totale di corpo e mente. La lotta ai 4 veleni bianchi: zucchero, sale, farina, grassi”

djokovic tennis

Serbia's Novak Djokovic stares at the ball as he plays against Spain's Carlos Alcaraz during their men's singles final tennis match on the last day of the 2023 Wimbledon Championships at The All England Tennis Club in Wimbledon, southwest London, on July 16, 2023. (Photo by Glyn KIRK / AFP) / RESTRICTED TO EDITORIAL USE

Ora che con 24 Slam può – numeri alla mano – imporre la statistica all’infinito e sterile “Goat-debate”, Nole Djokovic può godersi a ritroso la sua intera parabola, come se fosse un film. La cui trama scrive L’Equipe in un lunghissimo pezzo che non trascura niente della genesi del campione, ma che soprattutto racconta il Djokovic fuori dal campo.

“Senza di lui – scrive il giornale francese – senza le sue metamorfosi, o le sue stravaganze, forse saremmo finiti per annoiarci nel mondo binario di prima, con l’impeccabile Roger Federer e il bestiale Rafael Nadal, imbattibile nel politicamente corretto. Djokovic ha interpretato questa strana creatura, sensibile e implacabile, gladiatore e zozzo impertinente allo stesso tempo, sfrenato e chiuso nei suoi principi, esuberante e ascetico, di cui non si contano più le  buffonate e gli improbabili camuffamenti, a volte leader illuminato, a volte leader meno ispirato, per finire re del petrolio. Un enigma, insomma”.

L’Equipe ricorda che per esempio, come raccontava lui stesso, che “Durante i bombardamenti ci allenavamo tutti i giorni al club Partizan, cinque-sei ore al giorno. Non c’era scuola. Mia madre diceva che non era più pericoloso che altrove e che se fossimo rimasti a casa a immaginare di essere bombardati saremmo impazziti!”.

E che agli esordi “Djokovic graffia la sua leggenda in erba da solo, con partite infruttuose che non esita ad abbandonare nel bel mezzo di una battaglia, spesso nel mezzo di una schivata. Agli occhi dei suoi colleghi sa di uomo non necessariamente affidabile, a volte subdolo“.

La svolta a 23 anni, decide “di essere il più perfetto possibile, sia nella gestione delle sue emozioni che nel controllo del suo corpo. Dopo aver padroneggiato tutti gli angoli del campo e i concetti di elasticità, amplia le sue aree di competenza alla consapevolezza e alla nutrizione, senza esitare a rivolgersi a una cerchia più ampia di persone che non hanno tutte un’etichetta di riferimento”.

“Si libera dalla supervisione familiare, cita Platone sull’altruismo, circonda gli alberi per fare scorta di energia, raccoglie la sua urina per assicurarsi che la sua idratazione sia mantenuta. E quando si concede un quadratino di cioccolata, è dopo aver sconfitto Nadal al termine di una lotta mozzafiato durata sei ore a Melbourne. Probabilmente non possiamo immaginare la natura dei sacrifici quotidiani indotti da questa dedizione permanente alla causa”.

Nell’estate del 2010 si affida a “uno strano omino dal pizzetto bianco residente a Cipro, allo stesso tempo nutrizionista, psicologo e agopuntore: il riservatissimo Igor Cetojevic, che scomparve rapidamente dal clan. Per quest’ultimo bisogna contrapporre i quattro veleni bianchi (zucchero, sale, farina, grassi) in un approccio olistico volto ad armonizzare le forze fisiche, mentali, emotive e spirituali del corpo. Cetojevic mette delle fette di pane sulla pancia di Djokovic che sentirà quanta resistenza le sue braccia devono vincere per staccarle, per convincersi meglio che tutto ciò che propaga questa debolezza deve essere eliminato. Il serbo, che perderà quattro chili, guadagnando senza dubbio in esplosività ciò che potrebbe perdere in potenza, rivela a tutti il ​​suo estremismo: non trascurerà nulla per riuscire nella sua missione”. Nemmeno la telepatia: andrà “così a fondo in questo mondo esoterico da concludere che le emozioni possono arrivare fino a purificare l’acqua inquinata”.

Insomma, conclude L’Equipe, Djokovic “non è più tennis, ma fatti di cronaca, con un uomo che, dopo il trauma australe, si ricostruirà ancora più forte, nonostante gli anni che passano, deciso a non fare alcuna concessione al suo modo di essere. Salterà i tornei e uno Slam, ma non sarà mai vaccinato. Immutabilmente irriducibile, anche a costo di apparire irresponsabile, preferendo preservare la sua cittadella inespugnabile (il suo corpo) e la sua logica al suo palmares, in nome degli stessi principi che lo hanno guidato lassù”.

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