La Corte d’Appello Figc ha reso note le motivazioni che hanno portato alla riduzione della squalifica nei confronti dell’ex numero uno della Juventus.
Il 28 agosto la Corte d’Appello Figc ha annunciato in un comunicato la riduzione della squalifica dai 16 ai 10 mesi per l’ex presidente della Juventus Andrea Agnelli, in merito al procedimento avente ad oggetto le manovre stipendi, i rapporti con gli agenti e le partnership con altri club.
Ora, la stessa Corte ha reso note anche le motivazioni che hanno portato alla riduzione della squalifica nei confronti dell’ex numero uno della Juventus.
Confermata la violazione dei principi di lealtà sportiva, tuttavia, ci sono delle attenuanti in merito alle decisioni assunte durante l’arco di tempo che coincide con le due manovre stipendi.
«In primo luogo, il ricordato contesto storico durante il quale si sono verificati i fatti addebitati: nel 2020, in piena pandemia da Covid-19 e in un periodo di lock down totale e, nel 2021, con la ripresa della pandemia non ai livelli del precedente anno, ma, pur sempre con caratteristiche preoccupanti. Si è quindi venuta a determinare una riduzione drastica dei ricavi, in costanza del mantenimento di costi elevati, che hanno indotto la Lega Calcio serie A e tutte le società sportive ad assumere provvedimenti relativamente alle retribuzioni dei calciatori»
«Con questo, non vuol certo dirsi che la prima manovra stipendi e la seconda manovra stipendi possano essere giustificate, stanti le conclamate violazioni accertate e confermate con questa decisione, ma solo che esse non sono state adottate in un contesto ordinarioper fare fronte ad esigenze di bilancio prevedibili (il che avrebbe potuto addirittura comportare una aggravante), ma in una situazione di crisi sistemica derivante in gran parte dalla emergenza sanitaria in atto»
Inoltre, la Corte ha rilevato che «per quanto gravi e rilevanti siano state sul piano economico le due manovre, esse non hanno inciso sul piano del rispetto degli impegni finanziari della società, poiché le spese (anche i costi nuovamente generati prima della chiusura del bilancio per effetto degli accordi integrativi) risultano essere state sostenute dalla società in esecuzione degli accordi stipulati con i calciatori e con l’allenatore. Infine, va valutato, sul piano sostanziale, che le violazioni del principio di competenza contabile, […] hanno avuto una durata limitata nel tempo, con conseguente attenuazione di possibili pregiudizi per il mondo esterno».
«Ed invero, l’aver inserito in bilancio, sia pure tra i fatti successivi al 30 giugno la stipula degli accordi integrativi, pur non essendo una pratica corretta e leale dal punto di vista della formazione e redazione del bilancio, ha comunque messo il terzo nelle condizioni di avere un quadro complessivo della situazione patrimoniale della società al momento della approvazione del bilancio (sebbene, lo si ripete, con costi che andavano per competenza riportati all’esercizio e non al post esercizio)». Da qui la rimodulazione della sanzione, che «appare anche maggiormente equilibrata rispetto a quanto concordato dalle difese con la Procura federale nei patteggiamenti della società e degli altri dirigenti».