Fisichella: «Non sopportavo il fratello di Schumacher, era “fighettino”, si sentiva superiore»

Al CorSera: «Shumi, rispetto a lui, era una persona e un pilota di ben diversa caratura. Abbiamo condiviso pista, calcio, cene, karaoke».

Fisichella

Il Corriere della Sera intervista Giancarlo Fisichella. Il pilota di Formula Uno oggi ha 50 anni: ripercorre la sua carriera. In Formula Uno non ha mai vinto il titolo.

«Sì, però me ne sono fatta una ragione: 14 stagioni, 231 Gp, 3 vittorie, 19 podi, 4 pole position; qualcosa ho combinato. Inoltre ho contribuito ai due Mondiali costruttori della Renault: mi onoro di essere stato un uomo-squadra».

Fisichella è l’ultimo italiano che ha vinto un Gp.

«Eh, lo so. Temo che passeranno ancora tanti anni prima di vederne un altro sul podio più alto. Dobbiamo sperare nei ragazzi delle formule minori».

Nel 2009, dopo il Gp del Belgio, passò in Ferrari per sostituire Felipe Massa, ferito a Budapest.

«Lo rifarei cento volte: avevo 37 anni e la Ferrari era il sogno nel cassetto. Sapevo che non sarebbe stato agevole e che avrei trovato una monoposto difficile pure per Kimi, anche se a Spa — ancora non so come — diede l’unico successo al Cavallino. Da quel giorno, comunque, sono diventato ferrarista e lo sono ancora».

L’errore più evidente che ha commesso? Fisichella:

«Nel 2002 sarei dovuto rimanere alla Benetton ma scelsi di tornare alla Jordan. Me ne sono pentito».

C’era qualcuno che non sopportava in F1? Fisichella confessa:

«Non c’è stato un buon rapporto con Ralf Schumacher, nel 1997 alla Jordan. Era “fighettino”, si sentiva superiore nonostante lo bastonassi. In Argentina ero secondo e lui terzo. Mi toccò e dopo il Gp fece una battuta del cavolo: “Vabbè, gli offrirò una pizza”. Da lì in poi con lui fu tutto in salita».

Con Michael, suo fratello, è andata meglio?

«Persona, oltre che pilota, di ben diversa caratura. Avevo un ottimo rapporto con Schumi: abbiamo la passione del calcio e almeno 2-3 partite della nazionale piloti le disputava sempre. Abbiamo condiviso pista, calcio, cene, karaoke: peccato che abbia fatto la fine che sappiamo, il destino è a volte crudele e penso anche a quanto capitato ad Alessandro Zanardi”.

Flavio Briatore: grande manager o grande demonio? Fisichella:

«Entrambe le cose. Ha sempre ottenuto risultati in tutto quello che ha fatto. Però non perdonava nessuno: un errore ed eri fuori».

È vero che preferiva Alonso?

«Era ed è il manager di Fernando… Però mi voleva bene. Ci sono sempre un pilota “numero uno” e un “numero due”, però alla Renault era accettabile e con Alonso sono sempre andato d’accordo: due ore prima dei Gp giocavamo a scopone assieme a Briatore».

Fisichella stila la classifica dei «mostri» che ha affrontato:

«Michael Schumacher e Fernando Alonso sono una spanna sopra tutti. Fernando a quasi 42 anni vive una seconda giovinezza con l’Aston Martin: l’auto va benissimo, lui ci mette testa e voglia».

Nel suo team ideale prende come leader Verstappen o Hamilton?

«Verstappen. È l’evoluzione della specie, Max ha qualcosa in più e dà l’impressione di guidare con una mano sola».

È vero che i piloti prendono la residenza a Montecarlo per pagare poche tasse? Fisichella:

«Io dal 2003 sono tornato a Roma: non volevo restare separato dalla famiglia. Così ho evitato pure le maldicenze».

Riti e scaramanzie da dichiarare?

«Il giorno della gara indosso mutande rosse. Ora è un’abitudine, come mettere prima il guanto destro e l’auricolare sinistro. La paura? Mai avvistata: diversamente, meglio smettere».

Perché la Ferrari ormai tritura i piloti? Fisichella:

«No, non li “sega”. Il guaio è che se non hai un’auto vincente, dopo un po’ il campione si stanca. La coppia Leclerc-Sainz non scoppierà: c’è rivalità, ma sono ragazzi intelligenti e sanno che devono lavorare per la squadra».

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