Alla Gazzetta: «Non mi piacerebbe fare l’arbitro: è un lavoro difficile, per definizione è quello che non può vincere mai».

Chris Smalling parla alla Gazzetta dello Sport della Roma, delle sue aspettative per la prossima stagione e di altri temi, compreso il rapporto del club giallorosso con gli arbitri. Quella che sta per iniziare è la quinta stagione di Smalling alla Roma.
«Aspettative? Fare meglio dell’anno scorso, dove abbiamo raggiunto una finale europea. Ciò significa vincere un trofeo ed entrare tra le prime quattro in campionato».
A Smalling viene chiesto se senza l’arbitro Taylor la Roma sarebbe riuscita a vincere l’Europa League.
«Difficile dire ciò che sarebbe stato senza certe decisioni, queste partite girano spesso su un paio di episodi che non sono andati chiaramente dalla nostra parte. È andata così, ci conviene concentrarsi su di noi e vedere dove migliorare. L’arrivo dei nuovi può essere importante».
Al quinto anno a Roma si sente uno dei leader del gruppo? Smalling:
«Sono consapevole del mio ruolo dentro e fuori il campo, anche per l’esperienza che ho. È una pressione che mi piace, voglio essere d’esempio per i compagni, ma ci sono anche altri leader».
Sull’Arabia Saudita e l’irruzione nel mercato della Serie A:
«Non posso giudicare chi fa questa scelta, mi pare interessante, può avere vantaggi, ci sono tanti soldi in ballo. Certo, ci si può interrogare sulla sostenibilità, lo vedremo solo nel tempo. L’esempio della Cina è lì…».
Smalling ha rinnovato con la Roma e la cercava l’Inter. Non avesse firmato, sarebbe rimasto in Italia o tornato in Inghilterra?
«Avevo ben chiara la voglia di restare a Roma, dove sono sempre stato molto bene. Ho parlato con Mourinho, Pinto e la proprietà, ho ascoltato le ambizioni e non ho avuto esitazioni. Con questi tifosi poi…».
Nella scorsa stagione siete stati penalizzati dagli arbitri? Smalling:
«Sono sincero, non mi piacerebbe fare l’arbitro: è un lavoro difficile, per definizione è quello che non può vincere mai. Tutti commettiamo errori ed è sempre difficile accettarli, soprattutto quando sono gravi, a volte è frustrante. Ma in una stagione ci sono fischi contro e altri a favore».
I critici di Mourinho dicono che il suo gioco esteticamente non sia bellissimo. Per lei conta più vincere o giocare bene?
«La cosa più importante è vincere. Poi si dicono tante cose, soprattutto se di mezzo c’è Mou. L’ideale è trovare un equilibrio tra spettacolo e vittoria. Ma alla fine conta vincere, la stagione si misura sui successi».
Smalling su Mourinho?
«José è sempre lui e lo sarà anche tra 5-10 anni. Una persona che ha nel Dna la vittoria: può essere cordiale nei momenti di relax e concentrato quando ci si allena o si gioca. Come personalità è lo stesso di sempre».