ilNapolista

L’eredità di Spalletti è quella frase di Shakespeare che ha colpito gli studenti napoletani

“Uomini forti, destini forti”, due ragazzi ne chiedono conto a un prof. La frase ha a che fare con la volontà e non con la forza bruta e la supremazia territoriale

L’eredità di Spalletti è quella frase di Shakespeare che ha colpito gli studenti napoletani
Napoli's Italian coach Luciano Spalletti waves prior to during the Italian Serie A football match between Napoli and Sampdoria on June 4, 2023 at the Diego-Maradona stadium in Naples. (Photo by Alberto PIZZOLI / AFP)

Ore 12 di una tranquilla mattinata vomerese, zona San Martino, di fronte a quello che è stato il primo campo di calcio per tanti napoletani, perfino di qualche campione: il rettangolo in mattoni lavici dei Salesiani dove si giocavano decine di partite contemporaneamente con una linea di porta affollata di portieri che seguivano con gli occhi i tanti palloni scagliati verso di loro nel tentativo di capire quale fosse il loro, più che come intercettarlo.

In quello spiazzo, al tavolino di un bar, due ragazzini intorno ai 15 anni sono in compagnia di un uomo anziano, che potrebbe essere il nonno ma che in realtà è un prof, un loro prof, forse in pensione, chissà, magari a fine anno del suo ultimo anno o forse solo alle prese con un caffè propedeutico all’ultima interrogazione. I due ragazzini gli rivolgono la domanda che non t’aspetti: “Professore, lei cosa pensa della frase di Spalletti?”. La frase, è chiaro a tutti e tre, non è “forza Napoli sei la città più bella del mondo”,  oppure “i napoletani sono unici, non li dimenticherò” e neanche quella sul tatuaggio con lo scudetto “che ho scoperto grattandomi il braccio”. La frase è quella sugli “uomini forti per destini forti”, è di Shakespeare e il mister l’ha riproposta a corredo di un’impresa sportiva, la sua. Quella metafora è rimasta scolpita nella mente dei due studenti, che ne chiedono conto al loro prof vomerese, con una curiosità che non t’aspetti. Non è una frase retorica, scontata, non afferma una verità e tantomeno un concetto. Spalletti è stato sottile, chissà quanto consapevolmente, e la sua non è stata una sentenza, alla De Laurentiis, neanche una masturbazione, alla Sarri, tantomeno un colpo di scopa, alla Allegri.

Lo scudetto del Napoli resterà scolpito, dunque, nella frase sugli “uomini forti, destini forti: uomini deboli, destini deboli” del più famoso drammaturgo della storia, non di Salvatore Conte di Gomorra, quello del “nun sapit manc truva’ ‘o cazz rint ‘a mutanda”.

La frase ha a che fare con la volontà e gli obiettivi, non con la forza bruta e la supremazia territoriale. E’ un concetto rivoluzionario, paradossale, per una città come Napoli, ed è diventato anche uno degli slogan più utilizzati nei giorni dei festeggiamenti, forse perché non ben compreso. Di sicuro quella citazione resta la migliore eredità di Spalletti, molto più di quella lezione di stile che esibisce, con una faccia rassegnata, quando gli ultras incappucciati lo omaggiano del simpatico scherzo del volante dell’auto rubata, rivendicando come normalità il sopruso della forza contro il destino che muove le persone realmente forti.

ilnapolista © riproduzione riservata