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«Nel 2010 ci dissero che il Ponte Morandi stava per crollare. Non feci nulla, è il mio grande rammarico»

L’ex ad di Edizione, Gianni Mion, fedelissimo dei Benetton al processo: «Dissero che avrebbero autocertificato la sicurezza. Tenevo al posto di lavoro».

«Nel 2010 ci dissero che il Ponte Morandi stava per crollare. Non feci nulla, è il mio grande rammarico»

«Nel 2010 ci dissero: il ponte crolla. Non feci nulla, temevo per il lavoro». Parole sconcertanti e gravissime quelle di Gianni Mion al processo per il crollo del Ponte Morandi. Mion è l’ex amministratore delegato di Edizione, la holding
dei Benetton che all’epoca della tragedia (sono passati 5 anni) controllava Autostrade per l’Italia. Ieri Mion ha parlato al processo per la strage che conta 43 vittime. Ha fatto riferimento ad una riunione del 2010, otto anni prima del disastro, a cui parteciparono anche l’ad di Aspi Giovanni Castellucci, Gilberto Benetton, il collegio sindacale di Atlantia e, secondo i ricordi del manager, tecnici e dirigenti di Spea Engineering (controllata di Atlantia addetta al controllo delle infrastrutture).

Mion ha dichiarato:

«Emerse che il ponte aveva un difetto originario di progettazione e che era a rischio crollo. Chiesi se ci fosse qualcuno che certificasse la sicurezza e Riccardo Mollo (allora direttore generale di Aspi) mi rispose “ce la autocertifichiamo”. Non dissi nulla e mi preoccupai. Era semplice: o si chiudeva o te lo certificava un esterno. Non ho fatto nulla, ed è il mio grande rammarico».

Una dichiarazione che Mion aveva già reso durante le audizioni precedenti (il 13 agosto 2021), ma che ieri è stata messa a verbale durante il processo. Una dichiarazione che ha spinto l’avvocato Giorgio Perroni, che difende l’ex direttore del Primo tronco di Autostrade, Riccardo Rigacci, scrive il Corriere della Sera, a chiedere di sospendere l’esame di Mion e di indagarlo.

L’esame di Mion è andato avanti e i giudici si sono riservati sulla richiesta. Queste le altre dichiarazioni rese in aula.

«Fu fatto un errore da parte di Aspi quando acquistò Spea. La società doveva stare in ambito Anas o del ministero, doveva rimanere pubblica. Il controllore non poteva essere del controllato».

Mion ha aggiunto:

«Avevo la sensazione che nessuno controllasse nulla. La mia idea è che c’era un collasso del sistema di controllo interno e esterno, del ministero non c’era traccia. La mia opinione, leggendo ciò che emergeva, è che nessuno controllasse nulla».

All’uscita dal tribunale, ai giornalisti che gli hanno chiesto perché all’epoca non avesse denunciato, Mion ha risposto:

«Avrei dovuto fare casino, ma non l’ho fatto. Forse tenevo al posto di lavoro, chi lo sa».

 

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