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«Autostrade sapeva dal 2010 che il Ponte Morandi faticava a stare in piedi per un difetto di progettazione»

Su La Verità il verbale dell’interrogatorio del manager Gianni Mion: «Dissero che la sicurezza la autocertificavamo. Rimasi terrorizzato. Che feci? Nulla, lasciai Atlantia»

«Autostrade sapeva dal 2010 che il Ponte Morandi faticava a stare in piedi per un difetto di progettazione»

Su La Verità il verbale di interrogatorio inedito relativo all’inchiesta sul crollo del Ponte Morandi. Si tratta dell’interrogatorio di Gianni Mion, ex amministratore delegato di Edizione, holding della famiglia Benetton, consigliere di amministrazione sia di Autostrade per l’Italia che di Atlantia. Mion non è mai stato iscritto nel registro degli indagati per la tragedia del 14 agosto 2018, ma è stato interrogato dal pm che si è occupato del caso, Massimo Terrile. Per dare una dimensione del suo ruolo, Terrile lo definisce così: «È l’inventore dell’impero Benetton… il Richelieu del Re Sole famiglia Benetton».

L’interrogatorio in questione è del 13 luglio 2021, successivo alla chiusura delle indagini preliminari. Terrile lo ha usato come indizio decisivo durante l’udienza preliminare sul crollo del ponte.

Mion spiega che «periodicamente si organizzavano degli incontri» su temi vari, «alla presenza di tutti i consiglieri di amministrazione di Atlantia, dei membri dei collegi sindacali, degli amministratori delegati delle società del gruppo, dei direttori generali, del management tecnico di vertice». Erano riunioni informali, che non venivano verbalizzate, ma «che duravano molto ed erano molto approfondite». In una di queste, «dedicata al tema dei viadotti e delle gallerie», si parlò «lungamente delle problematiche che affliggevano il viadotto Polcevera». Una riunione tenuta il 16 settembre 2010.

Mion la racconta.

«Per me quell’incontro è stato memorabile. Parlavano i tecnici e illustravano varie tematiche legate alla gestione delle gallerie e dei viadotti della rete. Ad un certo punto, si arrivò a parlare del viadotto Polcevera, che tutti noi sapevamo essere l’opera d’arte più importante, più prestigiosa e anche più complessa dell’intera rete nazionale. I tecnici spiegarono che il viadotto Polcevera aveva un difetto originario di progettazione».

Otto anni prima del crollo, i vertici di Aspi parlavano di un difetto di costruzione del maledetto ponte. Alla presenza di Giovanni Castellucci, amministratore delegato Autostrade all’epoca del crollo.

Terrile, nell’interrogatorio, chiede a Mion di che difetto si trattasse, ma Mion non sa rispondere, ma dice:

«I tecnici spiegarono che quel difetto di progettazione creava delle perplessità sul fatto che quel ponte potesse stare su».

Mion racconta che a sentire questa cosa intervenne.

«Ricordo perfettamente che io, ad un certo punto, intervenni, da completo incompetente qual ero, e chiesi se avevamo qualche ente esterno che aveva attestato la sicurezza strutturale di questo ponte cosi importante e così complicato. Siccome gestivamo la rete in regime di concessione, io pensavo ad una attestazione di sicurezza da parte della concedente o di un ente di fiducia della concedente. A quel punto, Mollo (l’allora direttore generale, ndr) mi rispose – lo ricordo come fosse adesso – che la sicurezza del ponte ce la autocertificavamo».

Mion continua:

«La cosa mi lasciò allibito e sconvolto, anzi, più esattamente, terrorizzato. Mi sembrava assurdo che, essendo tutti consapevoli dell’esistenza di un difetto di progettazione in un’opera così importante, non chiedessimo una verifica esterna e terza della sua sicurezza, da condividere con il concedente. Tanto più che si trattava di un’opera con circa 50 anni di vita, i cui materiali erano necessariamente usurati e che aveva certamente dovuto sopportare, nel corso di quegli anni, un enorme incremento del traffico veicolare, anche pesante. Ma questa cosa sembrava assurda soltanto a me, perché constatavo che, invece, a tutti gli altri partecipanti a quell’incontro (tra i quali c’era ovviamente anche Castellucci) sembrava tutto normale, che nessuno si preoccupava e che nessuno aveva dubbi di nessun genere. Mollo garantiva che le verifiche eseguite all’interno del nostro gruppo, tramite Spea, escludevano qualsiasi problema di sicurezza del viadotto e tutti, a parte io, erano soddisfatti di questa garanzia».

Continua:

«Io, invece, mi sentivo tutt’altro che tranquillo, non mi fidavo, non condividevo il metodo perché, in una situazione del genere, mi pareva assolutamente indispensabile coinvolgere il ministero, e cominciai così, proprio da quel momento, a pensare di allontanarmi dalle mie posizioni di responsabilità e di lasciare quindi l’incarico di consigliere di amministrazione di Atlantia, cosa che feci poi attorno al 2013».

Mion parla del ruolo di Castellucci, amministratore delegato di Autostrade per l’Italia al tempo del crollo.

«Era Castellucci a gestire tutto… godeva, di fatto, di un potere assoluto, anche perché era privo, come ho spiegato, di forti interlocutori imprenditoriali che potessero limitarne l’onnipotenza».

E ancora:

«si circondava di figure di modesta caratura, tali da non potergli dare ombra».

 

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