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Mourinho è il Keyser Söze della panchina: vent’anni dopo, il mourinhismo è ancora in finale (Guardian)

È il Sauron dell’anti-calcio, predicando, in contrapposizione con Guardiola, che chi tiene palla ha paura. Lo ha fatto ancora, con il Leverkusen

Mourinho è il Keyser Söze della panchina: vent’anni dopo, il mourinhismo è ancora in finale (Guardian)
AS Roma's Portuguese coach Jose Mourinho looks on ahead the UEFA Europa League Group semi final second leg football match between Bayer Leverkusen and AS Roma in Leverkusen, on May 18, 2023. (Photo by INA FASSBENDER / AFP)

José Mourinho è il Keyser Söze della panchina: vent’anni dopo, il mourinhismo è ancora in finale. A scriverlo è il Guardian, con Jonathan Wilson, che aggiunge: c’è qualcosa di magnifico nell’appuntamento di mercoledì con il Siviglia per la finale di Europa League.

“José Mourinho è ancora una maledetta palla di furia, che porta con sé rancori antichi, deciso a non rinunciare mai a un minimo, reale o immaginario, il Keyser Söze della panchina, la Karla della conferenza stampa, che manipola e complotta, irradia paranoia mentre insiste a dire che il suo club è vittima di una cospirazione da parte degli arbitri, dei media e delle autorità calcistiche”.

Nello 0-0 della Roma contro il Bayer Leverkusen, scrive il Guardian, c’è “qualcosa di quasi commovente”.

“Lo sta ancora facendo! Non è cambiato! 28% di possesso palla. Un tiro in porta contro i 23 del Leverkusen. Palla in gioco per soli 54 minuti, nonostante 14 minuti di recupero. Un xG di 0,03. Questa è stata una celebrazione del mourinhismo, un Camp Nou 2010 per l’età moderna. Aveva un vantaggio dall’andata, quindi perché avrebbe dovuto attaccare?”.

Mourinho è l’anti Barcellona, l’anti Guardiola. Se a Barcellona gli hanno preferito Guardiola, perché volevano giocare con la palla, lui ha deciso di giocare senza. Dopo quel rifiuto

“è diventato il Sauron dell’anti-calcio, predicando, in diretta contraddizione con Guardiola, la sua dottrina secondo cui chi ha la palla ha paura. In questo senso la sua intera carriera post-Chelsea può essere vista come un lungo broncio passivo-aggressivo. E dopo tutto questo tempo, c’è qualcosa di piuttosto magnifico in questo”.

Negli ultimi 15 anni, dopo essere stato piantato in asso, Mourinho non si è ritirato in una magione in rovina, ma è rimasto nell’arena. I successi con l’Inter e la semifinale di ritorno del 2010, vinta in 10 e con il 19% di possesso palla, ha rappresentato la sua grande rivincita sul Barcellona.

E poi ha continuato a mietere successi al Chelsea, allo United e in misura minore al Tottenham, ma anche qui il Guardian apre un distinguo:

“Mourinho ha portato gli Spurs al sesto posto, poi li ha portati al settimo quando è stato esonerato una settimana prima della finale di Coppa di Lega del 2021: potrebbe non sembrare un risultato enorme, e il Tottenham si è qualificato per la Champions League sotto Antonio Conte la stagione successiva, ma nessuno potrebbe realisticamente rivendicare che la situazione del club ora è migliore rispetto a quando Mourinho se n’è andato”.

Non è certo Mourinho ad aver causato i problemi dei club in cui è transitato, anzi.

“Piuttosto è probabile che i club nell’ultimo decennio si siano rivolti a Mourinho solo quando erano già in fase discendente, che lui sia la loro Ave Maria per arrestare il declino: molto più facile, dopotutto, sperare che uno così carismatico possa scuotere le cose che in realtà attuare un vero e proprio processo di riforma”.

Ancora sulla scelta di Mourinho di essere l’anti-Barcellona:

“Non è più all’avanguardia nello sviluppo tattico e la scelta di essere l’anti-Barça, anzi, lo rende consapevolmente arcaico, come un tessitore del Lancashire che fa vanto del fatto che la sua stoffa sia stata prodotta non con una filatrice ma su un telaio a mano. È come Neil Warnock o Steve Davis o John Major, una figura del passato le cui irritanti idiosincrasie sono diventate in qualche modo consolanti nella loro familiarità, che offre un ponte nostalgico col passato, un passato che non era perfetto ma in cui gli agenti implacabili di sgradevoli regimi stranieri hanno avuto almeno la decenza di fingere di essere semplici oligarchi di tutti i giorni”. 

Mourinho non è cambiato. Dopo vent’anni dalla sua prima finale di Coppa Uefa con il Porto, è di nuovo in finale con la Roma contro il Siviglia.

“Ha vinto la Conference League l’anno scorso e continua a infastidire la gente. Può ancora essere fatto un lavoro degno di nota”.

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