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Mogol: «All’inizio dissi a Battisti che la sua musica non era un granché, non avevo intuito niente»

Al CorSera: «Non litigammo per soldi, ma per equità. Aveva due terzi dei diritti e io uno. Chiesi di dividere in parti uguali. Disse sì, poi cambiò idea».

Mogol: «All’inizio dissi a Battisti che la sua musica non era un granché, non avevo intuito niente»
Db Torino 30/05/2017 - partita del cuore / Nazionale Cantanti-Campioni della Ricerca / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Giulio Rapetti

Il Corriere della Sera intervista Giulio Rapetti Mogol, paroliere di una vita per Lucio Battisti. Il cantante domenica compirebbe 80 anni. Mogol ricorda il loro primo incontro.

«Ci fece conoscere Christine Leroux, direttrice di una casa di edizioni musicali che aveva fatto un contratto a Lucio. Lui mi fece sentire due canzoni. “Non mi sembrano un granché”, dissi. E lui “In effetti… sono d’accordo”. Era semplice e umile, sorrise nonostante la batosta. Per non sentirmi un verme miserabile gli proposi di vederci per provare a fare qualcosa insieme. Nacquero “Dolce di giorno” e “Per una lira”».

Cosa ci aveva visto in quel ragazzo alle prime armi? Mogol:

«Farei bella figura a dirlo, ma non avevo intuito nulla. Però la terza canzone fu “29 settembre” che divenne un
successo dell’Equipe 84. All’inizio Lucio non voleva cantare, dovetti insistere prima di convincerlo».

Mogol continua:

«Era moderno. Non cantava per far sentire la voce, ma per comunicare qualcosa».

Racconta il loro metodo di lavoro:

«Ci trovavamo tutte le mattine nella mia villa di campagna a Molteno. Io preparavo il primo caffè per accoglierlo, lui quelli successivi. Lucio stava sul divano con la chitarra, io sul tappeto con carta e penna. Lavoravamo un’ora, dalle 9 alle 10, e nasceva una canzone al giorno. Una volta che era pronto un album, il primo ascolto era riservato a un amico giardiniere».

Dati Siae alla mano, il vostro più grande successo?

«“Il mio canto libero”. Racconta di un mio nuovo amore dopo il divorzio. Allora non era cosa comune e infatti inizia con “in un mondo che non ci vuole più”».

Nel 1980, dopo circa 150 canzoni scritte insieme, Mogol e Battisti litigarono per soldi.

«Non fu una questione di soldi, ma di equità. Lui otteneva due terzi dei diritti e io un terzo. Chiesi di dividere in
parti uguali. Sembrava d’accordo, ma il giorno dopo cambiò idea. Gli dissi che non avrei più lavorato con lui».

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