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Minoli: «Minà era uno spirito libero, non seguiva le “mode”, in Rai era tenuto in disparte»

A La Stampa: «Era un grande scrittore e un grande autore, faceva cultura. In Rai nessuno lo aveva capito, era poco valorizzato».

Minoli: «Minà era uno spirito libero, non seguiva le “mode”, in Rai era tenuto in disparte»
Award winning US film director Martin Scorsese (R) shakes hands with his Italian colleague Bernardo Bertolucci (L) late 30 January in Rome before the recording of the television program "Series" hosted by Gianni Mina (C). AFP PHOTO (Photo by Filippo MONTEFORTE / AFP)

La Stampa intervista Giovanni Minoli. Il tema è la morte di Gianni Minà. I due si sono incrociati per la prima volta con «Mixer», trasmissione creata da Minoli a cui Minà collaborò per due edizioni. Poi lavorarono insieme su Rai Due con «Blitz». L’ultimo lavoro a braccetto è stato per la serie «La Storia siamo noi» di Rai Educational sulla vita e il ruolo del mito «Cassius Clay/ Muhammad Alì».

Minoli racconta come conobbe Minà.

«Ero capostruttura in Rai e dovevo realizzare un programma domenicale e pomeridiano per il secondo canale. La prima scelta ricadde su Costanzo, ma le vicende legate alla P2 in quel periodo e che “toccavano” Maurizio mi fecero cambiare idea. Convocai Minà, che era un giornalista molto poco valorizzato, ma di grandi qualità. Parlammo un
giorno e una notte intera, e mi convinsi. Era l’uomo giusto per un programma che potesse essere l’alternativa
a “Domenica in”».

Minoli racconta che Minà lo colpì per la sua incredibile conoscenza dello spettacolo, dello sport e del Sud America. Lo definisce «un narratore inesauribile. Un uomo appassionato del lavoro». Minoli lanciò Minà alla conduzione di Blitz.

«Gianni era un grande scrittore e un grande autore, lo lanciai nella conduzione e ci vidi benissimo. Lo liberai da un ruolo e gliene regalai un altro. Le sue interviste a personaggi intramontabili, da Cassius Clay, a Robert De Niro, Federico Fellini, Jane Fonda, per citare solo alcuni dei più grandi personaggi dello spettacolo nel mondo, sono rimaste memorabili. Quel programma non era solo un momento di evasione e di divertimento, Gianni faceva
cultura. In Rai nessuno lo aveva capito e valorizzato. Nessuno, tranne me».

Continua:

«Gianni era un giornalista vero e uno spirito libero. Non seguiva le “mode” (Minoli non cita mai il termine politica, ma la sensazione è che sottintenda che Minà non avesse particolari estimatori influenti nei canali di Stato, ndr). Era in disparte gli diedi l’occasione di farsi valere».

 

 

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