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Verdone: «Leone accettò il mio Furio solo perché piaceva ad Alberto Sordi e Monica Vitti»

Al Messaggero: «Pensava che il pubblico lo avrebbe odiato, organizzò una proiezione test per i suoi amici. Oltre a loro due c’era anche Falcao».

Verdone: «Leone accettò il mio Furio solo perché piaceva ad Alberto Sordi e Monica Vitti»
Mc Roma 14/09/2022 - presentazione palinsesti Canale Tv ‘Paramount Plus’ / foto Mario Cartelli/Image nella foto: Carlo Verdone

Nella notte tra il 24 e il 25 febbraio del 2003 moriva Alberto Sordi. Oggi Il Messaggero lo ricorda con un’intervista a Carlo Verdone, considerato per anni il suo successore naturale. Insieme hanno interpretato due film: In viaggio con papà, del 1982 e Troppo forte, del 1986.

«Sordi ha attraversato e raccontato mirabilmente decenni fondamentali per la storia del nostro Paese: il dopoguerra, la ricostruzione, l’euforia del boom. Ha intercettato i cambiamenti della società, l’esterofilia, il femminismo, la crisi degli anziani. Soprattutto, è stato e rimane l’icona di Roma: nessuno ha incarnato lo spirito e la cultura della Capitale meglio di lui».

Quale Roma ha rappresentato e amato? Verdone:

«La città che un tempo trasmetteva emozioni, buone vibrazioni, autenticità, poesia. La Capitale di un Paese allegro, rassicurante, tutto sommato positivo. Oggi Sordi non riconoscerebbe questa Roma cambiata in peggio, diventata più aggressiva, cinica, trasandata».

Verdone racconta come conobbe Alberto Sordi.

«Sergio Leone, produttore di Bianco Rosso e Verdone, era convinto che il mio Furio, il marito insopportabile, sarebbe stato odiato dal pubblico. Così alla fine delle riprese organizzò una proiezione-test per i suoi amici. C’erano Sordi, Monica Vitti, il calciatore Falcao. Alla fine, Alberto e Monica si dichiararono entusiasti proprio di quel personaggio. E Leone lo lasciò nel film. Ma il primo vero incontro tra me e Sordi avvenne in casa di mia sorella Silvia e suo marito Christian De Sica. Organizzarono una cena sapendo che morivo dalla voglia di conoscere il grande attore. Io mi presentai armato di una foto di Alberto e un pennarello per chiedergli l’autografo. Lui mi disse “siamo colleghi” e scrisse sull’immagine: “Giudizio, Carlo, con tutto il mio paterno affetto”. Poi venne a cena con i miei genitori nella nostra casa di Lungotevere dei Vallati. Di lì a poco capii il significato dell’aggettivo “paterno”: nel film In viaggio con papà mi avrebbe affidato il ruolo di suo figlio».

Cosa ha imparato da Sordi? Verdone:

«Il rigore estremo, la disciplina nel lavoro. Pur essendo due artisti molto diversi, abbiamo condiviso la stessa dedizione assoluta al lavoro. Quando si gira un film, la vita sociale s’interrompe: valeva per lui, vale oggi per me. Anch’io, come Alberto, ho sempre dato tutto al pubblico, togliendo tempo ed energia ai veri amici».

Oggi da chi o da che cosa Sordi si lascerebbe ispirare?

«Difficile rispondere. Nella sua lunga e straordinaria carriera ha raccontato tutto. Sulla scrivania della sua villa di Caracalla i copioni si ammucchiavano ma quelli che non gli piacevano lui li lasciava cadere sul pavimento con un tonfo. Se avesse oggi 80 anni e la voglia mai venuta meno di lavorare, difficilmente troverebbe l’ispirazione nella società attuale».

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