L’ex Inter a Le Parisien: “Ho avuto due arresti cardiaci, ma non ho detto niente a nessuno. Il calcio non era cosa mia. Il rimpianto è aver lasciato l’Inter”

Stéphane Dalmat oggi ha 44 anni. Ha giocato nell’OM, nel PSG ma anche nell’Inter. E’ scomparso dai radar dal 2012, quando ha smesso di giocare. Dice che messa la parola fine è “affondato”. Lo racconta a Le Parisien.
“Mia moglie se n’era andata e io ero solo nella mia casa di Bordeaux. Ho riflettuto, ho fatto qualsiasi tipo di pensiero oscuro. Non mi piacevo. Così ho iniziato a bere, da solo. E abbastanza rapidamente, la mia vita è diventata champagne tutto il giorno per ubriacarmi e dormire. Ero in fondo”.
E gli amici, i suoi ex colleghi?
“Quali amici? Il telefono non suonava, ma in questo ambiente non ho mai cercato di fare amicizia. In sedici anni di carriera, ho forse cinque amici. È tutto. Il clic è arrivato quando ho ritrovato il mio primo amore che avevo conosciuto a Lens. Mi ha aiutato a rimettermi in carreggiata. Senza di lei, sarei potuto diventare un relitto che vive nei bar e racconta a tutti la sua vita. Gli devo tanto”.
Nel 2017 Dalmat ha avuto un gravissimo incidente: “Sono in scooter a Bordeaux, sono arrivato troppo veloce a un incrocio tranviario e sono finito su un palo. Sono stato in coma per sei giorni e ho avuto due arresti cardiaci. Sono quasi morto. Quando mi sono svegliato, ero sfigurato e intubato dappertutto. Non contavo le fratture, soprattutto attorno al bacino. I dottori mi hanno detto che ero un sopravvissuto. Sono stato su una sedia a rotelle per sei mesi con un’operazione ogni tre giorni. Avevo completamente spento il telefono. Era la mia battaglia e non volevo essere compatito. C’era solo mia moglie. Ho lasciato il mondo fuori”.
Ora s’è ripreso. “Dopo sei mesi di riabilitazione, sono tornato come prima, senza postumi. Ho ripreso la mia vita e vivo dei miei investimenti vicino a Lens”. Dice che rompere col calcio gli ha fatto bene: “Non ce la facevo più. L’ho sempre considerato un intrattenimento. Non era cosa mia. È sciocco, lo so, ma è così che ero. Io volevo solo calciare una palla. Al Psg siccome non salutavo sempre prima di salire in macchina, venivo definito arrogante e pretenzioso. Mentre non c’è una persona più semplice di me. E quella reputazione mi ha seguito fino alla fine. Inoltre, non ero come alcuni che hanno avuto grandi carriere uscendo con uno o due giornalisti”.
Il suo grande rimpianto è, dice, “aver lasciato l’Inter”: Non avevo rapporti con l’allenatore Hector Cuper e avrei dovuto essere più paziente”.