Acerbi: «Il Napoli è una macchina da guerra, ma abbiamo ancora il 5% di possibilità per lo scudetto»
Alla Gazzetta: «I tumori mi hanno dato una seconda possibilità. Allenare oggi sembra una moda: il patentino lo prende anche un idraulico»

Db Milano 04/01/2023 - campionato di calcio serie A / Inter-Napoli / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Victor Osimhen-Francesco Acerbi
Sulla Gazzetta dello Sport un’intervista al difensore dell’Inter, Francesco Acerbi. Oggi compie 35 anni. Ha avuto due tumori. Racconta di averli superati anche grazie all’aiuto di uno psicologo: a volte occorre farsi aiutare.
«Io l’ho fatto, con uno psicanalista, dopo i due tumori. Mi spiegò come reagire e fare lo step. E poi, ai ragazzi, anche a quelli della mia squadra, dico: circondatevi di poche persone, 2-3 massimo, ma fidatissime. E capite bene cosa volete dalla vita. Fregatevene se giocate o no: date tutto perché prima o poi lo spazio arriverà. Nella sofferenza bisogna combattere. Se invece la reazione manca, anche cambiando squadra si torna allo stesso punto, con gli stessi problemi».
Sull’Inter e la lotta allo scudetto che ormai sembra svanita:
«Il Napoli è una macchina da guerra, ma non dirò mai che per lo scudetto è finita: abbiamo ancora il 5% di possibilità e dobbiamo crederci. Loro dovrebbero rallentare, ma noi dobbiamo pensare di poter vincerle tutte».
Quanti rimpianti per i 6 k.o. in campionato? Acerbi:
«Avremmo dovuto avere 5-6 punti in più. E allora con lo scontro diretto di ritorno ancora da giocare, il distacco sarebbe stato meno duro…».
Nel 2023-24 sarà all’Inter? Acerbi:
«Non lo so, è la verità. Vorrei restare, qui sto bene. Anzi, una cosala so per certa: non arriverò un’altra volta ad agosto senza conoscere il mio futuro. A luglio voglio sapere dove giocherò. Spero si trovi una soluzione al più presto per il mio riscatto: ho 35 anni, ma sto benissimo fisicamente e mentalmente».
La dote migliore di Inzaghi?
«È intelligente, simpatico, empatico, sempre positivo. È fortunato, ma la fortuna se la va a cercare e la merita. Un profondo conoscitore di calcio, sa tutti i giocatori del mondo: incredibile! Ed è uno che attrae le persone. Da Roma a Milano, è rimasto lo stesso».
Come ha vissuto lo spogliatoio il caso Skriniar?
«Sapevamo tutti che aveva un’offerta Psg, ma non ci ha mai detto nulla. E a noi interessava poco… Abbiamo sempre visto l’impegno, questo ci importava. Poi a fine anno sarà un dispiacere vederlo andare via e non sarà facile sostituirlo: i giovani difensori bravi sono pochi e costano, vedi Scalvini».
Si sente fortunato ad aver superato due tumori? Acerbi:
«Sì, certo. Quando ho avuto due tumori, non me ne fregava niente. Sapevo di sconfiggerli. Ero quasi contento. Lo so, sembra un paradosso, ma ero sfacciato. Dicevo: “Ok dai, affrontiamoli”, come una partita. Mi ripetevo: “Non ho paura”. Ma poi ho capito che è impossibile non averne. In realtà, la nascondevo, la tenevo dentro. Adesso ogni tanto penso: “E se il tumore torna? Se arriva una terza volta?”. Se dovesse succedere, sarà un’altra sfida da vincere. In fondo, sono cresciuto sfidando mio padre… Volevo fargli vedere fin dove ero capace di arrivare. Morì a febbraio, pochi mesi prima del mio passaggio al Milan nel 2012. Dopo la sua morte mi sentii svuotato, il calcio aveva perso significato. Da lì è iniziata la discesa: ero arrogante, gli scarsi erano sempre gli altri. Fino alla malattia, appunto…».
Se avesse avuto la testa di adesso pure da giovane, avrebbe avuto una carriera migliore?
«Un tempo pensavo che con un’altra testa avrei fatto 15 anni nel Milan ad alti livelli. Ma oggi dico di no. Senza la malattia, a 28 avrei smesso. O sarei in B, che ne so, al Cittadella… Con i tumori è iniziata la mia vera carriera: mi hanno dato una seconda possibilità».
È lei il definitivo dopo-Chiellini in Nazionale?
«Noooo… Sono vecchio. Ma ho sempre voglia di migliorarmi. Altrimenti dalle difficoltà non sarei venuto fuori: sono arrivato qui dopo i fischi alla Lazio e gli insulti social degli interisti per quell’errore in Lazio-Milan. Sono rimasto muto, ho pedalato. E se fossi ancora a Roma, avrei giocato anche lì».
Che rapporto ha Acerbi con i social?
«Non sto a guardare chi scrive e insulta… Ho avuto compagni che ci restavano male: se succede questo, vuol dire che il carattere non è abbastanza forte. Ok, guarda pure, ma poi non piangerti addosso…».
Si vede allenatore in futuro?
«Vorrei farlo. Ma oggi pare quasi una moda, il patentino lo prende anche un idraulico. E va bene, è giusto che tutti abbiano questo sogno. Ma con un limite, si dia la priorità a chi ha giocato. Io mi sento portato, perché capisco i giocatori. E poi ho vissuto tutte le sfumature: ho toccato il fondo e sono andato in alto».