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Tiberio Timperi: «Amanda Lear, per mettermi in difficoltà in tv, mi strizzava il pacco»

Al Fatto Quotidiano: «La mia era una famiglia proletaria. Per me la ricchezza è mettere il riscaldamento alto e girare nudo per casa».

Tiberio Timperi: «Amanda Lear, per mettermi in difficoltà in tv, mi strizzava il pacco»

Il Fatto Quotidiano intervista Tiberio Timperi. Nato a Roma nel 1964, ha iniziato la carriera nelle radio private di Roma e Firenze, poi è passato a Radio Rai e alla tv, a Telemontecarlo, dove è diventato giornalista professionista conducendo il telegiornale della sera e gli approfondimenti di salute. Nel 1991 il passaggio a Mediaset, prima a Rete 4 e poi a Studio Aperto, su Italia 1. Nel 1997 il ritorno in Rai, dove ha condotto “Mezzogiorno in famiglia” e “Mattina in famiglia”. Appare anche in sceneggiati come “Un posto al sole” e “Un medico in famiglia”. Nel 2019 ritorna a “Uno mattina in famiglia”. Dice di non guardare mai gli ascolti del giorno prima.

«Non li guardo mai, l’importante è stare a posto con la propria coscienza, ma sono buoni. Fossero gli ascolti a garantire la sopravvivenza, sarei tranquillo da qui all’eternità. Oramai ci sono altre logiche. Una volta bastava essere bravi, oggi no. Serve sapersi vendere bene, le amicizie giuste e magari un agente potente; io non ho l’agente e non sono in quota ad alcun partito».

Timperi racconta i suoi inizi con le radio private, quando aveva 14 anni.

«In qualche modo la radio mi ha salvato. A Roma sono cresciuto a Piazza Vittorio, un quartiere di frontiera, schiacciato tra la sinistra di San Lorenzo e la destra di Colle Oppio; un quartiere popolare e tra di noi c’era qualche deriva illecita».

Parla dei suoi genitori, delle difficoltà della sua famiglia, in particolare quelle economiche.

«Eravamo una famiglia proletaria da pastarelle la domenica, la Fiat 128 tenuta per 17 anni e niente stufa né scaldabagno; ho ancora in testa la sensazione di freddo di quegli anni, il gelo dal bagno alla cameretta o l’umido, la sera, sotto le lenzuola, con la salvezza aggrappata alla borsa dell’acqua calda».

Cosa invidiava agli altri? Timperi risponde:

«Un po’ di tranquillità economica; per me la ricchezza è mettere il riscaldamento alto e girare nudo per casa. In famiglia eravamo gli unici con problemi, mentre tutti gli zii esibivano grandi fortune, uno era diventato ricchissimo vendendo gelato in Argentina tanto da subire un rapimento da parte dei Montoneros».

Emilio Fede è stato un suo direttore.

«Un genio, prima della deriva. Un giorno mi ferma: ‘Sei bravo, ma parli troppo veloce, sembri Mentana: devi fare più pause, come me. Sai perché? Mi dimentico le cose, ma se vado piano, con qualche pausa, allora ricordo e la gente è convinta che stia pensando’». 

Timperi racconta l’incontro con Berlusconi.

«Una mattina entra in redazione accompagnato da Dede Cavalleri, salivazione azzerata. Si avvicina a me: ‘Farà strada, l’ho guardata. Però le do un consiglio: sistemi le sopracciglia’. E io: ‘Presidente, mi avete acquistato così’. A quel punto la Cavalleri sbianca».

E anche quello con Jocelyn.

«Incontrato nei primissimi anni 80, gli chiesi come potevo trovare spazio nel mondo dello spettacolo, e lui: ‘Se vuoi, intanto, puoi lavorare con me come autista’. Peccato che non avevo la patente».

C’è spazio anche per Raffaella Carrà.

«Con lei c’era un forte affetto, ma ho commesso l’errore di mandare a quel paese Japino. E mi tolse il saluto. Premessa: era una professionista assoluta e fu la prima a spiegarmi una legge importantissima: ‘In televisione è fondamentale come ci stai: anche se hai uno spazio piccolo, devi ottimizzarlo’. Insomma, mi chiama per un programma a giochi complicatissimo, Navigator, in cui non si capiva niente. A un certo punto mi lamento con Japino e da lì i nostri rapporti finiscono».

Timperi racconta come mai, ad un certo punto, ha lasciato il giornalismo per entrare nel mondo dello spettacolo.

«Il giorno dell’attentato a Borsellino: erano le cinque del pomeriggio, avevamo l’edizione flash del telegiornale che
anticipava quella condotta da Fede. Mi chiama il corrispondente da Palermo: ‘La bomba è sotto casa di Borsellino,
non si sa se è vivo o morto. Lo dico o no? ’. E io: ‘Non fare il suo nome, per rispetto alla famiglia’. Andiamo in onda, nessuno pronuncia il nome di Borsellino, finisce la diretta e subito mi chiama Fede: ‘Stronzo, coglione, non sarai mai un giornalista, hai perso lo scoop’. Ho risposto male e ho capito di non aver voglia di far carriera con tali modalità; e poi per andare avanti era necessario entrare in qualche cordata, pubbliche relazioni, o sposare la causa di Forza Italia».

Su Amanda Lear.

«Persona deliziosa, la sento, ed è matta come poche altre. Quando venivamo inquadrati a mezzo busto, per mettermi in difficoltà, mi strizzava il pacco».

Il passaggio al mondo dello spettacolo non ha cambiato in modo fondamentale la sua vita dal punto di vista economico.

«Conta per la storia del riscaldamento e magari per l’automobile. Ne ho cambiate tante. Me so giocato ’n appartamento, ma venivo da 17 anni di Fiat 128 verde pisello, spernacchiati da tutti i parenti».

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