ilNapolista

Lo “sporco” Mondiale del Dibu Martinez: stavolta è stato il piede di dio

Senza la sua parata a supplementari scaduti non esisterebbe l’Argentina campione del Mondo, senza le sue oscenità non leggeremmo la beatificazione di Messi

Lo “sporco” Mondiale del Dibu Martinez: stavolta è stato il piede di dio
Doha (Qatar) 18/12/2022 - finale Mondiali di calcio Qatar 2022 / Argentina-Francia / foto Imago/Image Sport nella foto: Emiliano Martinez ONLY ITALY

È stato il piede di dio. Anche perché la “mano” del premio come miglior portiere del Mondiale ha pensato bene di portarsela al basso ventre, inarcando i lombi in avanti. Sporcandola sotto lo sguardo inorridito degli emiri del Qatar. Il Dibu Martinez, che con le mani ci lavora e non ha bisogno di divinizzarle più del dovuto, ci ha messo dunque un piede: ha bloccato Kolo Mouani oltre il minuto 120 della finale Mondiale – sul 3-3 – e ha innescato le successive celebrazioni dell’Argentina campione del mondo e dell’ascensione di Messi. Senza quel piede del Dibu, staremmo scrivendo d’altro.

Martinez s’è preso il ruolo dell’argine, in questa storia. Di co-protoganista infame. Di libero guastatore. A Messi ha lasciato la premiazione con la vestaglia di pizzo nera tradizionale, accettata con una rassegnazione quasi insopportabile. Come se a Maradona avessero infilato un sombrero in testa in Messico, a Lloris nel 2018 il colbacco, e a Mattheus avessero spiaccicato la pummarola ‘ncoppe la Coppa alzata a Roma. Pensate per un attimo a Zoff vestito da ballerino di flamenco, per favore… Ecco, mentre a Messi imponevano la foto più importante della sua carriera con un camuffamento posticcio, Martinez se ne fotteva (quasi letteralmente) del cerimoniale. Aveva vinto quella partita come e più di Messi, con una parata quasi da pallamano, alla Garella buonanima. Aveva cambiato la storia, con un piede. Ma quella storia se l’era anche costruita su un binario alternativo, apocrifo, tipo il 9 e 3/4 di Harry Potter. Magico.

Poi, dopo, ha spiegato: “L’ho fatto perché i francesi mi hanno fischiato. Con me l’arroganza non funziona”. Per Martinez l’arroganza è un grimaldello.

Ai rigori i francesi lo guardavano e annusavano la sconfitta. Dopo Pato Fillol e Nery Pumpido, lui. Meglio di Sergio Goycoechea a Italia 90. Bullo, tamarro, insopportabile. Dominante. E’ lui a lanciare “il minuto di silenzio per Kylian Mbappé” nello spogliatoio argentino durante la sfrenata festa del post partita. Ma è sempre lui che consola Mbappé pochi secondi dopo Emmanuel Macron.

È una tecnica, la sua. Una scienza. Approccia il rigorista designato (che già ha i suoi problemi a tenere bassa la temperatura del sangue), gli punta il dito contro, gonfia le spalle e tutto il resto. Lo intimidisce, il più delle volte gli riesce. Non cerca di buttarlo fuori dal rigore, lui vuole che sia lì a soffrire con lui e grazie a lui. Che diventi un duello personale. Che vada in confusione, che si incazzi, che tremi. Così si parano i rigori. Disinnescandoli.

È il suo repertorio. Il cui capolavoro è un rigore del Manchester United, contro l’Aston Villa. All’Old Trafford, minuto 92, col Villa in vantaggio 1-0. Bruno Fernandes sistema la palla sul dischetto, e lui invece mira Cristiano Ronaldo: “Dovrebbe tirarlo lui – urla – dovrebbe tirarlo lui!”. Fernandes va nel pallone, e il pallone va in curva. Scacco matto.

E così, Martinez ha parlato per tutto il Mondiale. Gli americani lo chiamano trash-talk, nel basket è l’impronta del vincente. Le buone maniere anche no. Di mondezze è lastricata la strada per la gloria, solo che ce ne accorgiamo solo poi. Come quando tappano le buche d’asfalto per il passaggio del Giro d’Italia: due gocce di pioggia e si riaprono le voragini. La vittoria dell’Argentina è tappezzata di lustrini e coriandoli. Ma di lato c’è il Dibu Martinez. E senza quelli come lui non si vince davvero. Non c’è gusto. Non è stata la mano di dio, stavolta. E’ stato un piede.

ilnapolista © riproduzione riservata