Al Foglio: «Mio figlio Davide non ha bisogno di rivincite. È stato apprezzato in tutti i posti dove è stato. La storia del raccomandato è una cazzata».

Sul Foglio una lunga intervista l’allenatore del Real Madrid, Carlo Ancelotti. Allenatore dell’anno. La firma Alberto Brandi. Gli avevano dato del bollito, ne avevano decretato la fine. Ha vinto tutto.
«È un’annata speciale che arriva dopo un periodo abbastanza travagliato. Si pensava che la mia carriera volgesse al termine. Una stagione unica per come abbiamo vinto, soprattutto in Champions. Rimonte spettacolari, ribaltamento di tutti i pronostici con mille difficoltà da superare. Considero questo 2022 tra gli anni più speciali che mi siano capitati nella vita. Sì, proprio dodici mesi da ricordare».
Dall’esonero al Napoli al trionfo in Champions in 900 giorni. Ancelotti:
«È la storia del calcio, è un bel film perché a volte succede che le cose non vadano per il verso giusto. L’esperienza di Napoli è stata comunque positiva. Volevo tornare in Italia, l’ho fatto in una piazza calda, passionale. Quella all’Everton uguale: è stata una bella avventura perché abbiamo fatto cose importanti come vincere il derby di Liverpool ad Anfield dopo 22 anni. Quando mi stavo guardando in giro, arriva a sorpresa la chiamata del Madrid. Un ritorno insperato, inaspettato».
Ancelotti parla del rapporto con il figlio Davide, che lavora con lui al Real. Per molti è solo un raccomandato, ne ha parlato anche lui in una recente intervista ad As.
«Davide non ha bisogno di rivincite. È stato apprezzato in tutti i posti dove è stato: al Bayern Monaco, alla prima avventura al Real, a Napoli. La storia del raccomandato è una cazzata. Davide è un allenatore capace, serio, sta facendo una grande esperienza, è molto preparato e competente. È della parte giovane del mio gruppo di assistenti, composto solo da italiani. I due che hanno più esperienza siamo io e il preparatore atletico Antonio Pintus, arrivato al Real dopo lo scudetto nerazzurro con Conte».
Dopo la vittoria in finale col Liverpool Ancelotti non si è risparmiato con le feste.
«Sì, ho cantato, ballato, posato con un sigaro in bocca insieme ai miei giocatori. La cosa curiosa è che dopo quell’istantanea mi sono arrivati una marea di sigari, ma io non li fumo! In ogni caso, tutto quello che faccio è legato alla relazione che ho con i giocatori. Non voglio dire che stiamo sempre a ridere e a scherzare, anzi. Il rapporto che intendo è tra persone che stanno insieme tutto l’anno: può succedere che ci siano spazi per svago e divertimento, ma ci sono anche momenti di serietà e di incazzature».
Il Real Madrid sarà la tua ultima squadra o non escludi altre avventure?
«Smettere non lo so, certo pensare dopo il Real Madrid di trovare una squadra migliore è dura. Però, non si sa mai…».
Ancelotti racconta come reagì il padre Giuseppe quando gli comunicò che si sarebbe dedicato al calcio:
«Mio papà era molto contento quando sono andato a Parma per la prima volta. Chi non era contenta era mia mamma. Aveva sempre paura che mi facessi male. Comunque sia, credo che il fatto di avere avuto un’infanzia molto tranquilla abbia formato il mio modo di essere. Il carattere che ho e che utilizzo nella relazione con gli altri è nato da quegli anni di gioventù che ricordo sempre con molto piacere, perché ho avuto la fortuna di crescere serenamente».
Hai mai pensato alla storia che tu, Arrigo Sacchi e Stefano Pioli eravate tutti tifosi, anche molto appassionati, dell’Inter e poi la squadra nerazzurra è diventata la vostra acerrima nemica? Ancelotti risponde:
«Sì, è vero! Per me rimane sempre, per quello che è stato, la simpatia per l’Inter perché è stata la squadra della mia infanzia. Dai 6 ai 15 anni ero tifoso dell’Inter e dopo, piano piano, le mie idee sono cambiate. Adesso posso dire di essere milanista al cento per cento».