Da numero 103 a 10 del mondo in un anno, ha battuto 5 top 5 in 5 giorni. La mamma ci aveva avvertito: “E’ ossessionato dal colpo perfetto e non si fermerà”
L’anno scorso, appena un anno fa, Holger Rune era già un po’ famoso. Aveva da poco passato l’età per cui i giornali sarebbero quasi costretti a pixelarne la foto per deontologia professionale, e inveiva contro i “froci” in danese stretto. Ce l’aveva con se stesso per aver sbagliato un dritto, o forse con l’avversario, tal Thomas Etcheverry. Non s’è mai appurato. Il video fu tradotto, passato alla trafila dell’indignazione sui social, e infine processato dall’Atp. Multa, oblio, amen. Era giugno 2021, e Holger Rune vinse il suo primo Challenger, a Biella.
Ora è numero 10 del mondo, ha appena vinto il suo primo 1000 a Bercy battendo in finale, 7-5 al terzo, Nole Djokovic. All’inizio della settimana parigina, era stato cazziato da nonno Wawrinka che a rete lo congedava dopo essersi visto annullare tre match point, così:
“Ti do un consiglio, smetti di comportarti in campo come un bambino”
Lui ha abbozzato. Poi in finale s’è giocato il primo match point contro Djokovic alla battuta, provando a chiuderlo con un ace di seconda. Ha fatto doppio fallo, ovviamente. Un altro – chiunque altro – avrebbe avuto un’epifania: quello di là è Djokovic! Uno che ha rovinato la leggenda di Roger Federer annullando a Wimbledon i due match point più infami della storia. E si sarebbe sciolto in una crisi di nervi. Rune invece ha annullato 6 palle del controbreak prima di vincere il torneo. I bambini, forse, fanno così. Non tutti, ma i predestinati sì.
Ora è prima riserva per le Finals, per cui snobba le Next Gen e si tiene pronto per Torino gufando uno strappo altrui. La traiettoria di questa parabola, che in un anno l’ha tradotto dal numero 103 del mondo alla Top 10, è puntellata di ulteriori record: è il primo 19enne da quando hanno installato i computer all’Atp capace di battere cinque Top 10 in uno stesso torneo. Ma più che i numeri bisogna stare a sentire la mamma, per rendersi conto di chi sarà Rune. Chi è stato lo sappiamo, chi è lo vediamo. Il futuro possiamo leggerlo già:
“Vuole diventare il numero 1 fin da piccolissimo. Aveva 7 anni e stava giocando il suo primo torneo vicino a Copenaghen. Era stato battuto in finale e si era rifiutato di alzare il trofeo. Piangeva. Gli ho detto: ‘Mio Dio, accettalo’. Lui ha messo il trofeo in una borsa, quasi di nascosto. E quando siamo tornati a casa, ha strappato tutti i poster di Nadal dalla sua stanza. Nadal all’epoca era il numero 2. Holger ha detto: ‘D’ora in poi, sarò un tifoso di Roger Federer’. Ha cambiato la racchetta, i vestiti. L’unica cosa che desiderava per il suo compleanno era la polo azzurra che Federer indossava quando aveva vinto al Roland-Garros. Non so dove sono andata a trovarla, era una collezione di tre anni fa”.
Mamma Rune racconta a L’Equipe un figlio “ossessionato”. E quasi minaccia, impaurita: “Non si placherà”.
“Non ci siamo mai detti in famiglia che dovesse essere il migliore. Siamo più gente che ripete di fare bene le cose, ma tutto qui. Forse è bastato questo a rendere Holger così com’è. Quando ha iniziato a giocare a tennis, ne è rimasto ossessionato. In casa, tirava la palla contro il muro. Lo lasciavamo a fare, ci stava per ore e ore. Quando ci ripenso, Holger ha sempre avuto un’attività in cui provava e riprovava, anche con lo skateboard, memorizzava tutti i trucchi, guardava tutti i video possibili, li copiava e li ripeteva. Quando li ha imparati tutti, ha smesso. Col tennis non finisce mai. Gli avversari sono diversi, anche le superfici. E se sta cercando il tiro perfetto – penso che sia quello che sta cercando – allora ne avrà per tutta la vita! Un perfezionista non è sempre guidato dalla passione”.
“A scuola, Holger aveva un amico i cui genitori erano entrambi medici, eccellevano in matematica. Mio figlio si chiedeva perché non fosse bravo come quel ragazzino. Così abbiamo assunto un insegnante, veniva due volte a settimana, due ore ogni volta. Holger voleva essere bravo come il suo amico e alla fine ci è riuscito. Abbiamo dovuto dirgli che non poteva essere il migliore ovunque. Non potevamo prendere lezioni private in tutte le materie”.
E così il piccolo Rune scelse una cosa facile facile: “Batterò il record di Nadal a Parigi”.
A Parigi ha battuto, in fila, in cinque giorni: Hurkacz, Rublev, Alcaraz, Auger-Aliassime, Djokovic. “Ha aperto il cielo, scrive L’Equipe – ha rotto i cardini del vecchio mondo e si è precipitato nella breccia che Carlos Alcaraz, il più giovane numero 1 del mondo di tutti i tempi, aveva aperto in grande stile poche settimane fa a New York”.
Non si vedevano due Under 20 tra i migliori 10 del mondo dal 14 maggio 2007, e i due erano diciannovenni Novak Djokovic e Andy Murray. Rune è il vero “nuovo” Alcaraz. Per forza – come altro vuoi chiamarla – per aderenza agli schemi di gioco, per cupidigia. Ma è anche il suo contraltare caratteriale: uno, lo spagnolo, buono e penitente al limite del francescano, l’altro, il danese, irascibile e deviante, un invasato senza ritegno. Uno e due, i ruoli sono già assegnati. Resta il terzo incomodo vacante: il tennis potrebbe metterci quell’italiano basculante di Jannik Sinner, hai visto mai.