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Gerry Scotti: «A scuola ero uno dei più poveri, mi sfogavo fidanzandomi con le figlie della Milano bene»

Al CorSera: «A casa mia non mancava mai la torta. Ho scoperto che i figli della Milano più ricca avevano ristrettezze che io, figlio di operai, non avevo».

Gerry Scotti: «A scuola ero uno dei più poveri, mi sfogavo fidanzandomi con le figlie della Milano bene»

Il Corriere della Sera intervista Gerry Scotti. Si definisce un ragazzo fortunato, la cui vita è stata ben più incredibile dei suoi sogni. Si racconta da bambino: timido, nato alla periferia di Milano.

«Ero un ragazzino timido. Se c’era la recita di fine anno non alzavo certo la mano per partecipare, nemmeno per presentare, quindi dire che ce l’avevo nel dna sarebbe raccontare una frottola. Quando avevo 12 anni mio zio Paolino mi regalò il magnetofono geloso, per registrare le canzoni che passavano in radio: era il nostro Spotify. Quando ho sentito per la prima volta la mia voce registrata con quello strumento mi ha dato un tale fastidio che ho cancellato il nastro».

Se fosse nato a Milano centro sarebbe stato la stessa persona?

«Ho sfiorato Milano centro: sono andato al liceo classico Carducci e non era proprio pieno di figli di operai, anzi. Eravamo solo io e il signor Villa (che è da sempre il suo ufficio stampa). La nostra presenza faceva arrabbiare alcuni professori retrogradi. Alle mie prime difficoltà in greco e latino avevano detto a mia mamma: dovevate mandarlo a fare una scuola professionale».

Com’erano i compagni di Gerry Scotti?

«Arrivavano a scuola con le Maserati, le Jaguar, perfino una Lamborghini. Il nostro sfogo era fidanzarci con le figlie della Milano bene. Eravamo ben voluti, andavo anche a fare i compiti da loro. Entravo in queste case e vedevo maggiordomi, sei, sette stanze… Io vivevo in due stanze più servizio con i miei genitori. Ogni tanto qualche compagna veniva a studiare da me e il giorno dopo, in classe, mi chiedevano tutti: ma veramente a casa tua c’è la torta ogni giorno? Ho scoperto che questi figli della Milano più ricca avevano forme di ristrettezze che io, figlio di operai, non avevo. Da me la ciambella di mia mamma non mancava mai. E lì ho capito che i benefit della vita sono altri».

Non era a disagio di fronte a tanta ricchezza?

«No, non ho mai vissuto la mia differenza con rabbia. Venivo da un ambiente umile ma dignitoso, dove se andavi in cortile senza merenda qualcuno che te la offriva lo trovavi e se volevi andare a fare un giro in bici ma non l’avevi, c’era chi te la prestava. Non mi è mai mancato niente mentre in quelle famiglie di classi sociali più agiate credo mancassero un sacco di cose».

Gerry Scotti racconta la sua esperienza all’Università.

«Volevo studiare Architettura ma era una delle facoltà più sulle barricate allora, sempre occupata. Mi rivedo con mio papà al Politecnico, pronto per iscrivermi: c’erano ragazzi con spinelli sulle scale, cartelloni con frasi irriferibili. Mio padre disse solo: “Non farmi questo”. Pensava a tutti i sacrifici per farmi fare il liceo… Così, dopo una riunione di famiglia con gli zii, su votazione si optò per Giurisprudenza. Sarei diventato notaio, sono arrivato a due esami dalla tesi».

A casa Scotti oggi c’è la torta tutti i giorni?

«C’è, c’è. Quando avevo quarant’anni, in poco tempo sono morti i miei genitori e c’è stato il mio divorzio. Parevano bruciate di colpo tutte le statuine del presepe che rappresentava il mio concetto di famiglia. Poi, assieme ai miei amici, a mio figlio e alla famiglia che ho ricostruito con Gabriella e i suoi figli, sono riuscito a portare avanti i valori in cui credo. A gennaio Edoardo mi renderà di nuovo nonno e sono riconosciuto come figura paterna anche dai figli della mia compagna: sono il rompiscatole che dice di spegnere la luce o non far scorrere l’acqua in casa. Ora sono grandi, ma quante notti sono stato sveglio aspettando uno o l’altro che rientrasse… loro sono la mia ancora di salvezza, mi fanno sentire un uomo vivo e una persona qualsiasi».

Il complimento più bello che le fanno?

«Fino a pochi anni fa era che ero come apparivo in tv. Oggi sempre più ragazzi mi dicono: siamo cresciuti con te (occhi lucidi). Mi fanno sentire di avere una famiglia grandissima».

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