Capalbo: “L’obiettivo è il primato europeo e 30.000 iscritti. Abbiamo tre libroni zeppi di what if…”. Altro che la figuraccia internazionale del torneo Atp
Half Marathon
Tutte le volte che Carlo Capalbo pronuncia “organizzazione” come fosse una parola normale, nella chiacchiera informale come nel discorso più impostato, il cinismo fa da filtro, diventa un paravento. Abituati come siamo ad aver ascoltato lo stesso concetto, svuotato di senso, per decine di eventi progettati male, arronzati, alla fine mal riusciti, la combo organizzazione-a-Napoli suona inevitabilmente come un campanello d’allarme. Parliamone sì, ma come? Poi è un attimo che ti ritrovi i giornali di mezzo mondo a ridicolizzare un Atp 250 con i campi pieni di bolle e i tennisti sfrattati dagli hotel mentre giocano. Sono traumi.
Poi Carlo Capalbo sfodera, senza peraltro fartelo pesare troppo, un armamentario di numeri, accordi già firmati, collaborazioni avviate, partnership definite. E un piano triennale, nientemeno. Tre anni di Napoli sono trenta di una media città mitteleuropea. C’è una sorta di fuso orario da scontare. Di nuovo, ci scuserete: i traumi del passato.
Capalbo dice: “In tre anni porteremo 30.000 atleti a correre la Mezza Maratona di Napoli”. E poi rilancia – perché “non ci interessa fare solo un exploit”: “Napoli deve restare stabilmente nella grande atletica internazionale. In tre anni a Napoli registreremo il record europeo della mezza maratona, dopo quello italiano di Crippa dello scorso anno”.
Il “patto” del claim è “per la città”. E’ una filosofia di vantaggi diffusi, generosa. Ed ecco il dossier con il bilancio economico e sociale previsto, le intese con Fidal e Coni, con il Comune, con l’Aeroporto, le società di trasporti, la Polizia Municipale. Un tracciato approvato 7 mesi prima, con 16 curve in meno per renderlo più veloce e adatto ai record. 81.243 tra corridori e visitatori calcolati per un indotto che, a partire dai 6.56 milioni per il 2023, “dalla tazzina di caffè alle notti in albergo”, arrivi in un triennio a oltre 25 milioni di euro. Alla Borsa della forza lavoro: 456 posti stabili creati ex novo. Non sono stime buttate lì. È l’Enit, l’Agenzia Nazionale del Turismo, che moltiplica le presenze “connesse” ai partecipanti con un parametro definito: 1.99 accompagnatore per ogni iscritto da fuori regione, 0.5 per i campani, 2.27 per quelli che arrivano dall’estero.
E dunque eccoci, è il momento intimamente fatale: il cinismo si scioglie. Non tocca affidarsi solo alla credibilità della Napoli Running. C’è altro. Ci sono i dettagli, e un’attenzione quasi maniacale, tattile, alla “previsione”.
“Prevedere è la chiave del successo. Noi abbiamo tre libroni zeppi di what if…“
Una processione manualistica di possibili eventi avversi, di “cosa fare se”. D’altra parte la Napoli City Half Marathon ha già corso mentre il mondo si stava chiudendo in casa per la pandemia, sfruttando la sacralità del calcio: era in programma Napoli-Barcellona, in quei giorni disgraziati; “se si gioca la partita, si può fare anche la gara…”. Ha sbaragliato le famigerate allerte meteo dai mille colori di De Magistris, dando lo start in una delle domeniche più ventose dello sport outdoor italiano. Soprattutto s’è incardinata nell’agenda annuale della città.
“La città in questi anni è culturalmente cresciuta”. Se all’inizio Capalbo e i suoi erano costretti a girovagare per gli uffici istituzionali come alieni in cerca di interprete, adesso hanno una storia (anche locale) che li precede. L’Aeroporto che tre anni fa rispondeva “no grazie, non ci interessa” adesso davanti all’architettura turistica del running di qualità controfirma l’accoglienza e le compagnie aeree prevedono l’overcapacity: a cavallo del 26 febbraio 2023 voleranno aerei più grandi, per portare più gente. Tutto come da previsione, appunto.
Sappiamo già tutto adesso. Ciò che resta da risolvere è l’inconveniente inevitabile, ma anche per quello c’è un solo rimedio: farsi trovare… organizzati. Capalbo, che a Napoli ci è nato, da Napoli se ne è andato, e a Napoli è tornato restando cittadino dell’atletica mondiale, dice che questa città è ammalata di “e vabbé…”. Il fatalismo. Quello no, non è previsto.
Piallate le curve del nuovo percorso (ne restano appena 8) – “non fosse per il ritorno sulla pendenza della Galleria Laziale potremmo puntare al record del mondo” – l’altro obiettivo agonistico è centrare una delle 5 migliori prestazioni al mondo. Napoli potrebbe diventare una tappa del circuito Super Halfs, una sorta di Champions League delle mezze maratone mondiali.
Si innescherebbe il classico circolo virtuoso: i circa 30.000 iscritti diventerebbero una quota stabile, alimentando il fascino della gara e un’inversione di tendenza anche per la città. Sociale, economico, politico. Persino sportivo, pensa te.