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Repubblica: il Napoli dimostra che non serve il ritiro punitivo, basta cambiare uomini, mettere allegria

Un pezzo sull’inutilità del ritiro quando una squadra va male. Il ritiro punitivo è la convention di un’azienda che sta fallendo 

Repubblica: il Napoli dimostra che non serve il ritiro punitivo, basta cambiare uomini, mettere allegria

La Repubblica dedica un pezzo al ritiro come arma per punire i calciatori quando una squadra inizia ad andare male. Lo firma Gabriele Romagnoli. Il riferimento è ovviamente alla Juventus, per la quale l’allenatore Massimiliano Allegri, di intesa con la società, ha, appunto, stabilito il ritiro alla Continassa dopo il ko ad Haifa.

Repubblica lo definisce un riflesso pavloviano prodotto dalla disperazione.

“Anche la disperazione produce un riflesso pavloviano. La squadra va male: in ritiro!”

“È un’idea ridicola, non produce effetti, ma non riesce a farne a meno: bella donna-clascson. Brutta prestazione-ritiro”.

Il caso Napoli

Di esempi ne è piena la storia del calcio. Anche il Napoli di De Laurentiis vi ha fatto ricorso, sia ai tempi di Ancelotti, con conseguente ammutinamento, sia con Spalletti. Eppure proprio il Napoli ha dimostrato che bastava cambiare gli uomini, piuttosto che scegliere la punizione del ritiro.

“Riccardo Gaucci, sulle orme del padre Luciano, quando era presidente del Catania chiuse la squadra in un hotel a una stella alla vigilia del grande match con il Giulianova. Robe da Gaucci, appunto. Da Anconetani. Da Rozzi, ri-appunto. Imitati in tempi recenti dai più simili discendenti: Commisso, Cairo, De Laurentiis. Quest’ultimo con conseguente “ammutinamento” dei giocatori che non vollero obbedire, perplessità sopracciliari del tecnico Ancelotti, conseguente sfaldamento di tutto il gruppo. E pensare che anche Spalletti, a Napoli, vi ha fatto ricorso; quando, vedi, bastava cambiare uomini, mettere allegria, da ciascuno secondo le sue capacità e a ciascuno secondo i suoi bisogni. Guarda come vola, adesso, il ciuccio. La zebra no, la Juventus va in castigo”.

Il ritiro punitivo è la convention di un’azienda che sta fallendo

Romagnoli continua facendo un paragone con quando si mettono in castigo i propri figli mandandoli in camera loro dopo una brutta risposta ai genitori o un brutto voto a scuola. Non è una gran punizione, perché regaliamo loro il posto dove più amano stare e dove possono chattare in tranquillità per ore con gli amici o navigare all’infinito suo social e i siti porno. Ed è la stessa cosa per i calciatori.

“Che fate, togliete il cellulare a Kean e Locatelli all’ingresso? Tutti gli apparecchi dentro una busta di nylon sigillata e saranno restituiti all’uscita o dopo che avranno vinto il derby col Toro (così poi in ritiro ci vanno i granata e Juric)? Il ritiro punitivo è la convention di un’azienda che sta fallendo. Invece del “team building” si pratica il “team re-building”, ma l’impressione è che l’edificio stia crollando perché è stato costruito male e quindi resti poco da fare. Anni fa ad Allegri era bastato uno sgabello, per Bonucci. Ora gliene occorrerebbero una dozzina, ma farebbe bene a riservarne uno per sé. Tutti in cerchio, come atleti tristi anonimi, a fare autocoscienza per capire come mai Cuadrado si crossi sui piedi o Vlahovic calci un tiro parallelo alla linea di porta? O schierati a tavola uno a fianco all’altro come apostoli smarriti e chissà chi tradirà facendo la spia ai cronisti? È un rito anche questo, stanco come tutti, fiaccato dalla ripetizione. Se non puoi cambiare l’allenatore, non resta che officiarlo, a porte chiuse”.

 

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