Uno a Napoli prende tre gol da pollo pur di non tradire la sua filosofia, l’altro arretra il baricentro, stravolge il suo gioco ed è primo in classifica
La domanda è: che cosa vuole dire essere un bravo allenatore? Per essere più precisi: che cosa vuol dire oggi essere un bravo allenatore? È più importante essere coerente con i propri principi di gioco che oggi ormai sono diventati principi filosofici? Oppure raggiungere l’obiettivo? Il fu leader comunista cinese Deng Xiao Ping non avrebbe avuto dubbi: “non importa che il gatto sia bianco o nero, l’importante è che acchiappi il topo”.
Juric, probabilmente, la pensa diversamente. Almeno a giudicare dalla partita che il suo Torino ha giocato sabato a Napoli. E in cui ha subito tre gol di cui almeno due figli della sua inderogabile filosofia calcistica, nonostante abbia parlato di errori gravissimi dei suoi calciatori. Certamente commessi ma commessi in nome di una visione che lui ovviamente trasmette.
L’analisi della partita del Torino di Juric è tanto più interessante visto che in questo campionato stiamo assistendo alla trasformazione di Gasperini da sempre considerato il maestro di Juric. Mentre l’allievo gioca a Napoli uomo su uomo, esce tre volte a inseguire palloni del tutto inutili nella metà campo degli azzurri (e subisce altrettanti gol), il fu profeta del calcio aggressivo ha provveduto ad abbassare il baricentro della sua Atalanta, si è messo là dietro bello tranquillo e i bergamaschi – privi di Zapata, Zappacosta, Djimsiti, Palomino – sono in testa alla classifica.
La Gazzetta dello Sport scrive così dell’Atalanta che ha battuto la Fiorentina:
Meno spettacolare, ok. In compenso più blindata ed efficace. Magari agli amanti del calcio champagne l’Atalanta piacerà meno, ma intanto resta in vetta in compagnia del Napoli, e l’autostima cresce insieme con i progetti da grande squadra. (…) Come da copione e nuova tendenza, l’Atalanta ha tenuto il baricentro basso e la coperta ben tirata su, cedendo l’iniziativa alla Fiorentina in attesa della ripartenza giusta. A Bergamo ci si divertiva più prima, su questo non c’è dubbio, in compenso i rischi si sono ridotti parecchio.
La squadra di Gasperini è la meno battuta del campionato: tre gol subiti. Gli stessi incassati dal Torino in 35 minuti.
È interessante dare uno sguardo ai dati di Napoli-Torino 3-1 e Atalanta-Fiorentina 1-0.
Possesso palla:
51% per il Torino e 49% per il Napoli.
37,6% per l’Atalanta, 62,4% per la Fiorentina.
Baricentro:
Torino molto alto (54,6) metri; Napoli molto basso (45,6 metri).
Atalanta basso (49,4 metri); Fiorentina medio (52,8)
È giusto incasellare Gasperini nella categoria del rinnegato? Oppure semplicemente è un allenatore intelligente che ha capito quale possa essere il modo più efficace per far giocare la sua Atalanta?
Fino a dove più spingersi la visione politica dell’allenatore? Può andare a scapito dei risultati della propria squadra? Che senso ha?
I tre gol subiti dal Torino sono assurdi quanto prevedibili. Perché Spalletti sapeva benissimo come avrebbe giocato Juric e ha impostato il Napoli in modo da sfruttare le debolezze dell’avversario (il calcio liquido di cui ha scritto Alfonso Fasano).
Il primo gol del Napoli nasce da un buco nella fascia destra dei granata, buco creato da un inutile quanto fuori tempo intervento di Djidji nel tentativo di anticipare Mario Rui nella metà campo del Napoli. L’intervento non è riuscito, Mario Rui l’ha data a Kvaratskhelia che ha premiato la sovrimpressione del portoghese: cross e gol di testa di Anguissa. Mentre Djidji terminava la sua inutile rincorsa e sbracciava. Uno a zero dopo sei minuti.
Ma non è finita qui. Il secondo gol è persino peggio. Il Torino pressa alto, obbedendo ai dettami del proprio tecnico, sfiora anche l’azzardato passaggio rasoterra di Meret per Raspadori, poi però il pallone finisce ad Anguissa che lo appoggia a Politano il quale ha nelle corde l’uncino a scavalcare Ricardo Rodriguez e serve Anguissa il quale davanti a sé ha un’autostrada di sessante metri. Il Torino ha nove giocatori – nove – ben più avanti del cerchio di centrocampo nella metà campo del Napoli. Ad Anguissa basta uno scatto e si ritrova in porta anche perché nel frattempo Juric non ha insegnato a Djidji che di fronte al pericolo imminente restare incollati al proprio uomo non serve.
Il terzo è molto simile. Il sistema è lo stesso. Il processo del calcio sistemico di Juric è identico. Palla di Mario Rui verso Kvara che è basso nella tre quarti del Napoli. Il solito tentativo di anticipo a vuoto di Djidji, il pallone arriva a Zielinski che ripete l’uncinata di Politano e manda Kvaratskhelia in porta. Qui il gol è più complicato perché i granata una minima forma di resistenza provano ad attuarla. Ma Kvara è forte, quindi resiste al rientro di Lukic, anticipa Buongiorno e segna ugualmente.
Ma tre gol così, in fotocopia, a Napoli non li vedevamo da Napoli-Sampdoria 3-2 del dicembre 2017 quando i blucerchiati regalarono tre gol tre al Napoli di Sarri con la costruzione dal basso. E fossimo in Juric non saremmo così entusiasti del paragone.
In soldoni, a nostro avviso l’ottusità non è mai un valore. Va bene la difesa dei principi di gioco. Ma sembra di ascoltare quelle persone che dicono “io sono fatto così”. E sei fatto male, fratello caro, perché nel frattempo il mondo attorno a te cambia, si evolve, progredisce e se no te ne accorgi perdi le partite. Gasperini lo ha capito. Juric no.