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«Franco Franchi e Ciccio Ingrassia erano così poveri che si dipingevano i calzini finti sulle caviglie»

Giampiero Ingrassia a Il Fatto: «I critici li hanno massacrati, gli stessi che anni dopo li hanno esaltati. La morte di Franco fu una brutta botta».

«Franco Franchi e Ciccio Ingrassia erano così poveri che si dipingevano i calzini finti sulle caviglie»

Mercoledì saranno 100 anni dalla nascita di Ciccio Ingrassia, che per anni ha duettato accanto a Franco Franchi. Il Fatto intervista suo figlio Giampiero. Racconta di quando era bambino e della fama che circondava Ciccio e Franco.

«Intuivo che non era una persona comune e ne ero un po’ geloso: privacy zero e negli anni Sessanta lui e Franco venivano trattati da Beatles. Uscire con papà era impossibile…».

Uno dei personaggi dello spettacolo che frequentavano di più casa Ingrassia era Lino Banfi. A lui Ciccio era legato da una profonda amicizia. Mentre erano molto freddi i rapporti con Modugno.

«Non avevano alcun rapporto, Modugno non gli aveva perdonato l’addio alla sua compagnia; papà e Franco erano riservati, il glamour non era per loro».

Si sentivano messi da parte dal cinema cosiddetto colto?

«No, pensavano al pubblico; eppure i critici li hanno massacrati – ho ritrovato recensioni terribili –, gli stessi che anni dopo li hanno esaltati. Loro due già al tempo ripetevano: “Da morti verremo rivalutati”».

Le umili origini

Ciccio Ingrassia aveva origini molto umili. Il figlio racconta:

«Sono anche andato a vedere dov’è nato, in uno dei quartieri più popolari di Palermo; mi ha raccontato di suo padre ciabattino, di lui che sapeva lavorare la tomaia, poi delle sue fughe per frequentare il bar degli artisti, delle difficoltà iniziali».

Erano entrambi poveri, anche Franco Franchi. Di una povertà assoluta.

«Anche per questo li amo. Io da quando sono nato ho le spalle coperte e ho potuto scegliere grazie a questa libertà. Loro no. Loro realmente si dipingevano le caviglie di nero perché non avevano i soldi per i calzini; loro realmente per anni hanno dormito insieme dentro a pensioncine infime».

Di quella fase quale aspetto gli era rimasto addosso?

«In parte lo sublimava con la generosità: a Palermo ha comprato casa a nonna e zii; sul set, con una scusa, rinunciava al cestino e lo regalava alle comparse: per loro era l’unico pasto vero della giornata; lo so perché me lo hanno raccontato le comparse e se il cestino non bastava con una scusa gli allungava dei soldi».

Il dolore per la morte di Franco

Ad un certo punto, Ingrassia disse addio allo spettacolo.

«Scelta sua. L’ultimo lavoro in coppia è stato Avanspettacolo su Rai3 (1992); Franchi dopo poche settimane venne ricoverato per poi presentarsi all’ultima puntata. Stava male. E dopo la sua morte papà disse: “Non mi va più”. La morte di Franchi fu una bella botta e improvvisa: il giorno prima della morte andammo a trovarlo in clinica; ho l’immagine di Franco sul letto, con la porta aperta, noi che lo salutiamo da lontano e papà che entra. Si sono parlati, nessuno di noi ha ascoltato e neanche chiesto cosa si fossero detti. Sembrava un momento sacro. Dopo la morte i figli di Franco lo chiamavano: “Ciccio ti veniamo a trovare”. “Per favore no, mi ricordate troppo vostro padre e non ci sto bene”».

Lo vedeva anziano?

«A 80 anni aveva ancora i capelli neri; si tingeva solo i baffi; solo gli ultimi due anni di vita non è più uscito di casa perché si vergognava della sua condizione».

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