ilNapolista

Andrea Roncato: «Villaggio faceva impazzire i camerieri. Ordinava 32 maccheroncini o 122 chicchi di riso»

Al CorSera: «A volte si fingeva in bolletta. Non era tirchio, si divertiva così. Moana Pozzi sapeva parlare di tutto, dal calcio alla filosofia».

Andrea Roncato: «Villaggio faceva impazzire i camerieri. Ordinava 32 maccheroncini o 122 chicchi di riso»

Il Corriere della Sera intervista Andrea Roncato. Con Gigi Sammarchi ha creato un duo comico di successo negli anni ’80. Racconta la sua infanzia. Il padre era sagrestano.

«Don Arturo era il cugino di mamma, la nostra casetta a tre piani era proprio davanti alla chiesa, da bambino giocavo tra i banchi, mi piaceva l’odore di incenso e il vino rosso e dolce che assaggiavo di nascosto dalle ampolle. Da chierichetto mi offrivo di portare la croce e le candele alle processioni o ai funerali perché mi pagavano belle duecento lire. Poi, quando ho imparato a suonare l’organo, invitavo le ragazzine in canonica e strimpellavo Bach con la speranza di rimediare qualche bacetto».

Gigi Sammarchi lo ha conosciuto quando aveva 12 anni.

«L’ho conosciuto alla parrocchia di Santa Maria Maddalena, io 12 anni e lui 9, ci si sfidava a pallacanestro. Gigi suonava la chitarra, io il pianoforte, tre anni dopo con altri amici fondammo un gruppo, I Ragazzi della Nebbia, pezzi dei Beatles e dei Rolling Stones. Portavo i capelli lunghi, al collo un medaglione con la faccia di Jfk e mi sentivo fichissimo. Gli strumenti li prendevamo a scrocco dai negozi di musica, con la scusa di provarli, quando abbiamo esaurito i rivenditori di Bologna e provincia ci siamo sciolti».

Finirono insieme nel coro di montagna.

«E lì abbiamo cominciato a proporre qualche siparietto comico. Veniva spesso Francesco Guccini, amico del maestro del coro, che preparava una tesi sul canto popolare. Ho visto nascere in diretta molte sue canzoni. “Ho rotto con la mia fidanzata”, ci raccontava. E attaccava con “Vedi cara, è difficile spiegare…”».

Proprio nell’osteria di Guccini a Bologna Roncato conobbe Celentano, Bertè, Vianello e Mondaini. Con la Mondaini furono tre anni di serate.

«Ci trattava come figli, in hotel prendevamo sempre le camere vicine e giocavamo a carte fino a notte fonda, chissà che avrà pensato la gente. A Milano ci ospitava a casa sua, Raimondo ci prendeva in giro, però ogni mattina ci faceva trovare Il Resto del Carlino sul comodino».

Con i primi soldi guadagnati ha fatto dei regali ai genitori.

«Mamma Ines era casalinga. Le regalai una pelliccia di visone, la teneva chiusa nell’armadio per paura di rovinarla. Papà guidava un maggiolino scassato. Gli comprai una Bmw. Tremava. Mi ricordo ancora i suoi occhi».

Uno dei personaggi più famosi interpretati da Roncato è stato Loris Batacchi, un buzzurro seduttore seriale con jeans a vita alta e canotta rossa su torace villoso.

«Una caricatura di quelli che si vantano delle loro conquiste spesso immaginarie, la realtà è che a volte noi uomini siamo patetici, dei fessacchioni».

Moana Pozzi però, nel libro dedicato ai suoi amanti celebri, gli diede un 7 pieno e la qualifica di «una bella storia di sesso».

«E le sarò sempre grato, è come l’abbraccio accademico del rettore. Ci frequentammo per sei mesi nel 1985, non faceva ancora la pornodiva, l’avevo conosciuta sul set de I pompieri. Oltre che bella, era intelligente e profonda, sapeva parlare di tutto, dal calcio alla filosofia».

Roncato ebbe come compagno occasionale di bisboccia serale anche Silvio Berlusconi.

«Grande uomo di spettacolo, molto attento, potevi chiamarlo alle due di notte, a volte invece era lui che telefonava all’alba se non gli era piaciuta una battuta. Si andava a mangiare insieme e poi in discoteca, nel privé. Chiacchierava, scherzava con le vallette, faceva il finto romantico declamando “Silvio, rimembri ancora…”. E soprattutto spendeva un sacco di soldi per quei varietà, da noi venivano come niente Alain Delon, Robert De Niro, Sylvester Stallone. O Tony Curtis che mi chiedeva: “Andava bene la scena? La rifaccio?” A me. Roba da matti».

Su Paolo Villaggio:

«Poteva sembrare cinico, ma era affettuoso, colto, adorava prendere il giro il prossimo. Al ristorante era capace di fare impazzire il cameriere ordinando “dei maccheroncini, ma solo 32.O del riso, ma 122 chicchi, mi raccomando”. O si fingeva in bolletta: “Purtroppo non ci pagano da mesi, se scendo a fare una foto con il cuoco ci fate lo sconto?”. Oppure era capace di ordinare champagne Cristal e poi andarsene senza pagare. Non era tirchio, si divertiva così».

Su Christian De Sica.

«Attore vero. Ci sentiamo spesso, io resto amico di tutti i colleghi, ho bisogno di sentire che mi vogliono bene, non sono invidioso, godo del successo altrui come se fosse mio».

 

ilnapolista © riproduzione riservata